Smart working: cos’è e pro e contro dell’inclusività

– Dalla rubrica di Cecilia Pisanti, “Inclusività & Digitale” –

Per smart working, detto anche lavoro agile, si intende una tipologia di rapporto di lavoro subordinato organizzato per fasi, cicli e obiettivi, caratterizzato dall’assenza di vincoli orari o spaziali e un’organizzazione stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro, disciplinata dalla legge sul Lavoro Agile.

Dunque non è da confondere col lavoro da casa, o home/remote working: nel primo si lavora per obiettivi indipendentemente dal luogo e dal tempo, nel secondo tempo e luogo sono definiti. 

Smart working per un lavoratore disabile

Con l’avvento del Coronavirus, al fine del contenimento della pandemia e del contestuale proseguimento del lavoro, laddove possibile, il Governo ha incoraggiato i datori di lavoro ad adottare lo smart working.

Nello specifico, i lavoratori fragili (disabili o immunidepressi), hanno diritto a richiedere lo smart working e, laddove non è possibile svolgerlo, ad essere impiegati in altre mansioni, nel periodo dell’emergenza sanitaria.

Ciò è stato introdotto dal Decreto Cura Italia che aveva disciplinato, nella prassi, le prime novità relative allo smart working per i lavoratori fragili prorogando la scadenza fino al 31 dicembre 2021. Infine, con il Decreto Covid Natale il termine per il riconoscimento della tutela per i cosiddetti lavoratori fragili, è stato fissato al 28 febbraio 2022.

In tale articolo, si può fornire un’analisi plausibile dei pro e contro del lavoro agile all’inclusione.

Tra i vantaggi si considera, sicuramente, l‘assenza di stress, per il trasferimento casa-lavoro-casa e perché si lavora nella comodità casalinga, e la maggiore possibilità di gestire il proprio tempo, garantendosi la possibilità di orari personali più regolari.

Non bisogna trascurare gli svantaggi, come la maggiore reclusione in casa che porta alla riduzione dei rapporti sociali e la tendenza a muoversi poco, con conseguente peggioramento fisico, e una maggiore possibilità nello sviluppare pigrizia. Come si suol dire “meno si fa, meno si ha voglia di fare”, ovviamente ci si riferisce sempre ai movimenti e alle relazioni interpersonali.

Il punto di vista della famiglia del lavoratore disabile

La famiglia è sempre importante, è un punto di riferimento e tutte le decisioni prese da ogni suo membro hanno effetti, più o meno definiti, su ogni componente.

Sicuramente eccezione non viene fatta per il lavoro, o la sua tipologia, di uno dei membri: d’altronde il lavoro occupa 1/3 della vita di una persona.

Anche qui, si possono evidenziare vantaggi e svantaggi del lavoro agile.

Tra i vantaggi bisogna considerare il risparmio: per tutti i lavoratori c’è il risparmio del trasferimento casa – lavoro – casa. Questo risparmio è ancora più pronunciato per un disabile, che spesso deve essere accompagnato a lavoro, a volte con mezzi di trasporto opportuni più ingombranti e più dispendiosi di un’utilitaria, e, non per ultimo, a volte necessitano di un assistente tutto il tempo che sono a lavoro. Vantaggioso è sicuramente avere minori preoccupazioni: non può essere mai sottovalutata la componente psicologica. Essendo il disabile confinato in casa o in un altro posto sicuramente comodo e congeniale a lui, con orari scelti dal disabile stesso, quest’ultimo si trova in una safety zone.
Ciò tranquillizza, notevolmente, il familiare.

Tuttavia, anche qui c’è un rovescio della medaglia. Non si possono trascurare le complessità assistenziali: anche durante l’orario di lavoro, in questa modalità lavorativa il familiare si sente in “obbligo” di assistere il parente disabile. Quindi assistenza h24, e perciò anche le relazioni sono ridotte del parente: decade la possibilità di usufruire dei 3 giorni mensili della legge 104 che, sulla base di recenti sentenze, possono essere utilizzati dalla persona che assiste anche solo per sé (ad es. parrucchiere/barbiere, estetista…).

Legislazione sullo smart working

Essendosi imposto nel panorama lavorativo, lo smart working è stato protagonista di numerose leggi sia nel pubblico che nel privato, la cui differente gestione è stata sottolineata da varie leggi.

Le modalità di svolgimento di tale tipologia di lavoro sono le medesime per lavoratori “normodotati” e lavoratori fragili: ad esempio non è più possibile richiedere le ore di permesso che un disabile e il suo tutore hanno per L.104, in quanto il lavoro agile non prevede tempi ma solo obiettivi,

Per snellire la procedura burocratica, nell’era COVID, non si è previsto più un accordo scritto ma, una procedura semplificata, che si basa esclusivamente sulla modulistica (un template per comunicare l’elenco dei lavoratori coinvolti) e sull’applicativo informatico resi disponibili dal ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, Decreto Cura Italia.

Per quanto riguarda il settore privato, è stato firmato “Il protocollo nazionale dello smart working nel settore privato” che prevede che l’adesione allo smart working avvenga su base volontaria, subordinata alla sottoscrizione di un accordo individuale, fermo restando il diritto di recesso.

Discorso differente ha riguardato le Pubbliche Amministrazioni: l’ultimo decreto prevedeva per il lavoro agile la procedura semplificata, senza ulteriori discipline, non oltre il 31 dicembre 2021. Lo scenario è però cambiato con il DPCM Draghi, con il quale la modalità ordinaria di lavoro nelle PA torna a essere quella in presenza. Quindi decade la procedura semplificata e per accedere al lavoro agile serve un accordo scritto con il lavoratore. Intanto però il Ministero ha anche pubblicato le linee guida per il contratto smart working PA.

In conclusione, si può dire che In medio est virtus: lo smart working è la giusta alternativa al lavoro “tradizionale” solo se utilizzato con cognizione di causa. Lo smart working deve avere una delineata e precisa organizzazione; la maggior parte degli svantaggi derivano dal fatto di non avere una netta separazione tra lavoro e vita privata.

Collegati con Cecilia Pisanti su LinkedIn.