Sebastiano Dato, Coaching & Counseling ai Tempi dei Social Media

Video, podcast, articoli. Sebastiano ha abbracciato il digitale a trecentosessanta gradi per comunicare se stesso e aiutare gli under 35 a trovare un posto nel mondo.

Ho conosciuto Sebastiano, come nelle migliori delle storie, per caso. Tramite un contatto comune, Sara Veltri, mi ha contattato su Messenger per raccontare un po’ della sua attività e candidarsi come counselor per i nostri Studenti.

Cosa sia un counselor ce lo spiegherà meglio nell’intervista, qui sotto, ma intanto posso dare un’anteprima. Si tratta di un professionista dalle spiccate competenze umanistiche che guida le persone – tanto studenti quanto lavoratori – in un percorso di crescita. L’empatia è la sua dote, l’ascolto la sua arma.

Di Sebastiano colpisce soprattutto l’animo gentile, che emerge in particolare nei video che pubblica online per trattare argomenti affini al suo universo di riferimento. Da un lato rassicurano, perché affrontano temi che posso tornare utili per molti. Dall’altro i suoi video attraggono, perché Sebastiano comunica bene il suo brand personale e, nel 2018, veicolare contenuti di valore è la migliore forma di promozione.

In attesa di definire una potenziale collaborazione lui, per ora ci limitiamo a raccontare la sua storia. Per voi, Sebastiano Dato.

Counseling e Coaching sono termini generici e in quanto tali possono essere interpretati in diversi modi. Partendo dalla tua attività quotidiana, come li distingueresti tra di loro e come li spiegheresti in modo semplificato a una platea di non addetti ai lavori?

“Hai presente il caos e la confusione creati dall’ultimo cambiamento dell’algoritmo di Facebook? Chi non ha costruito su un terreno solido ha subito una carneficina del feed, correndo ai ripari per riorganizzarsi ma senza sapere che pesci prendere.

Ecco, è esattamente il riflesso di ciò che alcune persone vivono in un mondo come quello di oggi, che cambia velocemente e non si basa più sui valori tradizionali di un tempo. Poggiare i piedi su un terreno instabile crea disorientamento, fa sentire insicuri ed è enorme il rischio di cadere e di accontentarsi di certezze momentanee.

Ho vissuto quest’esperienza in prima persona durante gli anni universitari e ho trovato la mia dimensione proprio nel Counseling, imparando a saper essere, e nel Coaching, imparando a saper agire. Entrambe sono metodologie di consulenza rivolte sia a persone che ad organizzazioni, e la principale differenza è il focus:

– Nel Counseling il focus è sul presente: aiuto i clienti a conoscere chi sono oggi e a prendere consapevolezza delle proprie risorse interne per affrontare ostacoli e difficoltà. Alcuni clienti hanno bisogno di superare una crisi relazionale, altri di potenziare la propria autostima e sentirsi più sicuri per capire quale sia la propria strada, magari perché convinti di non saper fare nulla (e scoprire invece di essere persone multipotenziale). Il fine è sviluppare un nuovo modo di vivere il presente per sentirsi realizzati e felici;

– Nel Coaching, invece, il focus è sul futuro: Lavoro con il cliente per definire gli obiettivi in maniera precisa ed elaborare la strategia per raggiungerli. Mi capita spesso di ricevere richieste come “Voglio guadagnare di più” oppure “Voglio cambiare lavoro”. Questi sono risultati generici ma non sono veri obiettivi perché mancano elementi che li rendano specifici e misurabili:”Quanto vuoi guadagnare?”, “In quanto tempo?”, “Dove vuoi lavorare?”, “In quale posizione?”. Quando il cliente non ha un obiettivo ben definito si sente frustrato e si blocca perché non sa da dove iniziare per passare all’azione. Il Coach allora non è soltanto un motivatore come molti pensano ma un vero e proprio alleato durante tutto il processo per raggiungere gli obiettivi.

Personalmente, credo che quando si vuole lavorare sul futuro è bene sempre iniziare da sé e dal presente. Mi piace proporre un percorso che non escluda ma integri le due dimensioni e in questo modo aiutare le persone a sentirsi pienamente nel proprio posto nel mondo”.

Psicologia, sociologia, comunicazione. Sono tanti i percorsi formativi che possono portare un professionista all’obiettivo, ambizioso, di supportare le persone nel ‘trovare un modo nel posto nel mondo a livello relazionale e professionale’. Tu come ti sei formato e, soprattutto, ritieni che per fare questo lavoro siano richieste competenze innate?

“A 14 anni ho iniziato a frequentare degli incontri settimanali per adolescenti al fine di potenziare le competenze relazionali, l’autostima e di costruire dei principi sani per la nostra realizzazione. A 16 anni ero alla conduzione di uno di questi gruppi e a 20 gestivo un’équipe di formatori con cui abbiamo portato avanti percorsi educativi per circa 300 ragazzi.

Si può dire che inizialmente abbia appreso molto direttamente sul campo e approfondito tramite libri di psicologia e crescita personale, ma sentivo di voler dare maggiore spessore a quella che sapevo essere la mia vocazione.

Stavo scrivendo la tesi per la laurea triennale in lingue quando ho frequentato una scuola per diventare Coach professionista. Si è aperto un mondo! Tutto quello che avevo imparato prendeva una nuova forma e i tasselli del puzzle cominciavano a posizionarsi al loro posto.

Quando intraprendi questi percorsi, non acquisisci soltanto delle competenze ma fai un profondo lavoro su di te che ti trasforma e ti permette di osservare la realtà con occhi diversi, rilevando nuove criticità e necessità.

Ho notato, ad esempio, che molte persone, nonostante partecipino alla gara per ottenere visibilità e successo ponendosi obiettivi sempre più ambiziosi, continuano ad essere insoddisfatte e infelici.

Per comprenderne i motivi, ho quindi intrapreso un percorso di tre anni per diventare Counselor presso una scuola di indirizzo gestaltico a Roma. Sono riuscito finalmente a sviluppare una visione in cui presente e futuro sono strettamente connessi, a comprendere che ogni persona ha i propri tempi da rispettare e che essere sempre in competizione con se stessi e con gli altri è una forma di autolesionismo. Quindi ben vengano gli obiettivi se i pieni sono ben saldi a terra.

Per rispondere alla seconda domanda, per svolgere questo lavoro servono tanta sensibilità, empatia e amore per il prossimo. Non parlerei però di competenze innate ma di qualità che possono essere apprese e sviluppate vivendo esperienze che permettano un forte contatto con se stessi, con la propria fragilità e con quella degli altri.

Si tratta di una professione in cui la più grande capacità è l’accoglienza, intesa come il saper fare spazio dentro di sé per permettere all’altro di entrarvi e sentirsi comodo”.

Ci sono tanti motivi che rendono interessanti il tuo profilo, e uno tra tutti è il tuo approccio al digitale. Attraverso alcuni video, brevi ma incisivi, tratti tematiche specifiche sul tema della motivazione. Quando hai avuto l’idea di sbarcare sul digitale e con quali obiettivi di comunicazione?

“Non sapevo ancora leggere quando mi è stato regalato il primo Nintendo, che mi ha legato a vita alla scena tecnologica e digitale. La mia esperienza sul web nasce durante gli anni dell’università con la scoperta di italki, un social che connette gente da tutto il mondo per effettuare scambi linguistici e lezioni di lingua online. Per propormi come tutor di italiano, la piattaforma richiedeva di inserire un breve video di presentazione. Quella è stata la mia prima esperienza su YouTube. 🙂

Amo sperimentare strade nuove che mi incuriosiscono e tre anni fa ho creato il mio sito, sebastianodato.it, per condividere contenuti sulla crescita personale e aiutare le persone a migliorare la comunicazione e le relazioni interpersonali. Ho studiato tanto come funziona il web e sono riuscito a fare tutto da solo, dalla costruzione del sito in WordPress allo studio della SEO. Una bella faticaccia! Ti dico soltanto che per impostare i margini laterali delle pagine ho impiegato circa una settimana! Però, alla fine, che soddisfazione!

Il passo decisivo è stato registrare i primi video: all’inizio utilizzavo il cellulare e, a dirla tutta, non avevo ancora ben capito il linguaggio da utilizzare. In poco tempo, però, sono riuscito a sviluppare relazioni di valore sui social network e a stringere diverse collaborazioni per lo sviluppo di progetti formativi.

Per non farmi mancare nulla, ho persino intrapreso la strada del podcast con la prima stagione del programma “Vivere in Armonia” per sviluppare meglio gli argomenti che mi stanno a cuore, senza i limiti di tempo sempre più stretti imposti dal format video.

L’obiettivo è ed è sempre stato la condivisione di valore, in ogni contenuto e in ogni messaggio in chat con gli utenti. Come dicevo prima, credo che la chiave sia l’accoglienza, anche nel business: se mi hai aperto le porte di casa tua e mi hai fatto accomodare su un comodo divano, offrendomi da bere e facendomi sentire a mio agio, tornerò da te la prossima volta che vorrò stare di nuovo così bene”.

Le nostre Aule accolgono Studenti di tutti i tipi – dagli studenti universitari ai giovani startupper, dai freelance con esperienza agli imprenditori navigati, passando per i professionisti che lavorano in agenzia e azienda. Giochiamo allora col futuro e ipotizziamo uno scenario ideale in cui Sebastiano Dato viene ingaggiato dalla Digital Combat Academy come collaboratore. Tu, in quanto Academic Counselor, cosa progetteresti di fare per i nostri Studenti?

“È ufficiale che competenze digitali e soft skill siano la base per le carriere del futuro. Per celebrare questo incontro, trovo che il Counseling sia la metodologia più efficace perché adatto a lavorare nei gruppi e trasformare l’aula in una cassa di risonanza per la crescita di ogni singola persona che ne fa parte. Una proposta di tre workshop esperienziali, uno al termine di ogni modulo della Digital Combat Academy, trovo possa essere un ottimo modo per affiancare il percorso degli studenti ed integrarlo con la definizione degli obiettivi professionali di ciascuno, il potenziamento della motivazione e la valorizzazione delle proprie risorse interne attraverso l’uso della creatività.

Del resto, durante la formazione emerge la nostra parte infantile: curiosa e affascinata dal nuovo ma anche cauta e impaurita dai passi da compiere. Durante l’università avrei voluto al mio fianco una figura del genere ma le nostre istituzioni non sono ancora pronte a investire in tal senso. Lo sono invece negli Stati Uniti, dove gli studenti hanno l’obbligo di incontrare un Academic Counselor almeno una volta a semestre per definire i propri obiettivi, allineare una strategia e trovare sostegno motivazionale”.