Rowena Banfi, Studentessa della Digital Combat Academy a Milano
Nell’immaginario collettivo confidenza e arroganza sono concetti talvolta sovrapposti. Confidenza è credere in se stessi, arroganza è darsi un tono superiore a quello che ci si potrebbe permettere.
Ebbene, la protagonista di questa storia presenta una sana e robusta confidenza – e guai a interpretare questa meritata dose di autostima in tracotanza.
Rowena Banfi è consapevole di se stessa, delle proprie qualità, e sa di poter arrivare in alto. Si tratta solo di innescare l’opportunità giusta. Da lì in poi, boom, è certa di far esplodere un percorso di successo.
Fedele amante degli animali, famelica masticatrice di lingue straniere, infaticabile paladina del palco sia nei panni di modella che di hostess – Rowena è tutto questo in un’unica persona.
Noi della Digital Combat Academy abbiamo già avuto la possibilità di conoscerla nel Corso a Milano, in aula e fuori, a lezione e al ristorante, quindi abbiamo avuto un assaggio concreto della sua personalità.
A tutti voi consigliamo questa piacevole intervista. Buona lettura.
Alcune interviste partono dal percorso universitario, altre da quello professionale, altre ancora da quello sportivo. Con te prendiamo una direzione nuova, e partiamo dal volontariato. Dal 2010 al 2011 hai infatti svolto attività come volontaria presso l’Ente Nazionale per la Protezione degli Animali. Di cosa ti sei occupata nel dettaglio e cosa ti sei riportata a casa da questa esperienza a favore del benessere degli animali?
“Ho sempre amato e rispettato gli animali. È un po’ una cosa di indole, ma anche un po’ tramandata dal cuore della mia mamma. È brasiliana, cresciuta in mezzo alla natura, in un contesto dove le cimici invece che scacciarle (o peggio ancora schiacciarle) venivano usate per giocare come se fossero piccoli aquiloni volanti (veniva preso un filo da cucito, legato alla zampina e la si faceva volare in alto, fin quando il filo non le si sfilava dalla zampetta, roba strana eh?).
Detto ciò, ho sempre avuto animali in casa: criceti (un’infinità), conigli nani, cavia peruviana, pesci, paperelle, tartarughe d’acqua e cani (per l’amore del cielo, non credere siano stati posseduti tutti assieme! Ho avuto le mie fasi ‘animalare’).
Questo contatto perenne con il mondo animale mi ha portato a sviluppare una grossa e forte emotività ed empatia nei loro confronti, tanto da voler aiutare in modo concreto, diventando così una dei tanti volontari dell’ENPA.
Ai tempo avevo 16 anni, frequentavo le superiori e non avevo la patente, ma il mio fidanzatino dell’epoca aveva appena compiuto i 18 ed era super neo-patentato, così lo convinsi ad iscriversi assieme a me.
Purtroppo la mia esperienza fu breve, durò un anno e mezzo, poi con il fidanzatino finì, e siccome guidava lui, io non riuscii più ad andare.
Il mio ruolo era davvero multitasking. Amante dei cani, avevo davvero voglia di aiutare solo loro, ma una volta entrata mi si aprì un mondo: gatti, conigli, galline, capre, pecore, cavalli, asini, pony, ricci, pesci… insomma di tutto!
Cominciai quindi a svolgere un po’ di tutto, dalla pulizia delle gabbie, al dare da mangiare alle galline, allo portare a spasso le capre e giuro, tornavo a casa ogni venerdì pomeriggio sporca, puzzolente, stanca ma strafelice! Ero una piccola Heidi con qualche tonalità di marrone in più sulla pelle.
Ho imparato tantissimo: sono stata a convention con esperti (ho conosciuto Veronesi e Margherita Hack), ho imparato ad accarezzare un cavallo che non mi conosce, ho imparato ad avere a che fare con cani poco socievoli e ho imparato che le capre fanno tantissima cacca in qualsiasi momento!
Dopo qualche anno, precisamente il 1 aprile 2014 ho deciso di smettere di mangiare carne, da un giorno all’altro non ho più voluto toccare alcun tipo di carne. Gli allevamenti sono mostruosità frutto della mente stronza ed egoista dell’essere umano, e io non voglio essere partecipe di questo.
Ho sempre adottato gli animali che avevo in casa, tranne i criceti, e ora convivo con Dylan e Groucho, il mio cane e gatto”.
Il buon senso prima, e la scienza dopo, ci raccontano che conoscere diverse lingue apre la mente. Questione di curiosità dopotutto, di stimoli intellettuali, che chi mastica solo una lingua tende a sviluppare in parte minore. Raccontaci allora del tuo rapporto con le lingue, tra famiglia e università. Che valore dai alle tue competenze linguistiche e come le hai sviluppate?
“Mia madre ha sempre parlato in portoghese con me e mio fratello. Giocava con noi in portoghese, cantava canzoni e raccontava storie. Inventava personaggi prima di farci addormentare e dava loro una voce e una vita da raccontare. Ho sempre amato il modo in cui mia madre ci ha voluto trasmettere il suo amore e la sua fantasia. A volte ci parlava in una lingua inventata al momento, fatta di suoni e versi abbastanza particolari e spesso diceva ‘è inglese!’.
Amavo tanto questa lingua inventata, credendo davvero che fosse inglese, così quando raggiunsi circa i 5 anni mi misi subito a studiare i vocaboli in lingua inglese (avevo un sapientino e un pc della Ravensburger che insegnavano parole in inglese corrispettive alle lettere dell’alfabeto).
A scuola nelle lingue ero sempre la più brava e la più rapida ad apprendere, ma il portoghese con mamma non lo avevo mai parlato prima dei 14 anni. Ho sempre provato vergogna a risponderle in lingua.
Nel 2005 però i miei genitori mi mandarono in Brasile 2 mesi dai miei parenti, e li fui costretta ad aprire i cassetti della conoscenza presenti nel mio cervello e misi in atto le mie doti da brava ragazza bilingue. Non smetterò mai di ringraziare mia madre per questo, sono fortunata ad avere questo dono. Le persone spendono migliaia di euro per studiare una lingua nuova, io l’ho avuta incorporata nella mia vita.
Mi ha aiutato tanto anche sul lavoro, gli eventi e le fiere erano un gioco da ragazzi per me. Non avevo alcun problema a sfoggiare il mio essere poliglotta ai casting di selezione. Li ho superati quasi tutti (circa il 90% dei casting li ho superati ottenendo il lavoro). Pochissime ragazze della mia età conoscono davvero 4 lingue come le conosco io. Mi piace dirlo, mi piace ripeterlo, posso sembrare anche un po’ menosa ma è la verità”.
Sia nel tuo sommario su LinkedIn che di recente al telefono è emersa un’espressione ricorrente: lavorare dietro le quinte di un evento. Lo hai già fatto in passato, e ti piacerebbe rifarlo in futuro. Difficilmente le persone ripetono un concetto così specifico se davvero non lo considerano importante. Dicci di più allora: quando ti è capitato di svolgere questa mansione in passato e perché ti affascina l’idea di rifarlo in futuro?
“Ho sempre lavorato come hostess. Ho sempre vissuto gli eventi ormai finiti e pronti per essere consumati. Pochissime volte mi è capitato di stare dietro le quinte, la più rilevante risale a 2 anni fa. Novembre 2017 una mia collega, a cui avevo passato tanti lavori da hostess, mi fa conoscere il suo attuale capo che era in disperata ricerca di un’assistente per questo mega evento che si sarebbe tenuto a breve. Il mio ruolo era quello di personal assistant e coordinatrice de personale addetto (hostess, modelle, catering, makup artist). In quel periodo lavoravo anche come receptionist per 5 aziende milanesi, quindi ero davvero full a livello di impegni. Ogni sera dopo il lavoro (molto spesso anche durante) mi mettevo al pc e facevo le mie ricerche di personale, i casting, telefonavo, ordinavo il materiale necessario. Ero felice, mi sentivo importante. L’evento era super importante per chi era nel settore dell’hair styling perché si trattava di un workshop di 2 giorni tenuto dal Mounir (va fortissimo sui social, tant’è vero che le persone per assistere a quei 2 giorni sborsarono ben 1.200 euro, spese viaggio, vitto e alloggio a parte).
Una cosa a cui tengo molto quando si tratta di hostess e modelle è il compenso. Ho sempre lottato, e lotto tutt’ora, perché le hostess ricevano il giusto compenso per la loro mansione. Infatti durante quell’evento vennero pagate profumatamente perché IO decisi così. Quando mi chiamano e mi chiedono disponibilità per un lavoro, i clienti lo fanno perché sanno la professionalità che ho sul campo, sanno le mie competenze e sanno quanto sono di aiuto. Non battono mai ciglio sul compenso che chiedo e non restano mai delusi. Ho clienti che conosco da anni, e quando non posso andare mi chiedono di trovare hostess che possano eguagliarmi. Mi piace un sacco trovare le hostess per gli eventi. Mi piace stabilire il prezzo e far si che il lavoro non venga più sottovalutato e soprattutto svalutato. Organizzare eventi non è semplice, è snervante, le persone cambiano idea, hanno idee folli, e esigenze particolari, ed è proprio questo che mi piace. Mi piace correre a destra e sinistra, fare telefonate, creare qualcosa con le mie forze e vedere che tutti ne escono contenti e soddisfatti”.
Volontariato, lingue, eventi. Manca solo un ingrediente per completare la ricetta di questa intervista. Si chiama marketing digitale, ed è la disciplina professionale che ti ha spinto ad arrivare in casa nostra. Nonostante tu provenga da altri settori risulta evidente agli occhi dei colleghi la classica marcia in più, la capacità di abbracciare il caos in tempi rapidi e adattarsi alle novità: tipo, un nuovo lavoro. Domanda secca per te allora. Il digitale come può migliorare la tua vita?
“Il digitale fa già parte della mia vita, solo che lo sto usando come lo usa la maggior parte dei comuni mortali. Ma hey, io non voglio essere comune!
Io ho delle potenzialità, io so quanto valgo! Sono tanto capace quanto chiunque altro ad alti livelli. Mi serve solo imparare. Il digitale mi aiuterà sicuramente con un progetto che ho in mente di sviluppare da un paio di anni. Vorrei aiutare mio padre, imprenditore nell’edilizia, e sviluppare un’app a riguardo.
Vorrei anche promuovere, se mai la avrò, la mia attività. Non so se ne avrò una, se sarà per eventi, o chissà cosa, ma di certo avere conoscenze nel campo non può farmi altro che bene”.