Roma città chiusa, perché è così difficile vivere a Roma

– Articolo a cura di Giulio Zoppello

David Spiegelhalter, docente della Cambridge University, nel suo libro intitolato “Sex by numbers”, ha recentemente teorizzato che nel 2030 i rapporti sessuali diventeranno una rarità nel genere umano, o quantomeno nel genere umano che abita quella fetta di mondo chiamata Mondo Occidentale.

In base ai suoi dati la frequenza media di rapporti sessuali è calata costantemente negli ultimi due decenni, al punto che dalle cinque volte al mese degli anni 90, oggi si aggira su meno di tre volte al mese.

“Fino a poco tempo fa” ha dichiarato “dopo le 23 non c’era molto da fare se non dormire e (ovviamente) avere rapporti sessuali. Oggi invece abbiamo smartphone, internet, streaming, tablet e via dicendo e possiamo fare molte più cose”.

Beh… quel molto più cose credeteci è quasi sempre legato al mondo digitale, ai social, alle serie tv, i film on-demand… tutto tranne che avere un’interazione fisica soddisfacente tra adulti, ma anche tra i giovani, che socializzano sempre di meno nella vita reale, e sempre di più lo fanno esclusivamente su internet.

Benvenuti a Roma

Viviamo in un mondo dove è sempre più difficile avere rapporti interpersonali duraturi, seri, costruttivi, dove tutto è volatile, dove sovente le città diventano grandi alveari, dentro cui vivono esseri che non hanno alcuna coscienza l’uno dell’esistenza dell’altro.

E in poche città questa problematica è così reale, così presente, così terribile come a Roma.

Roma, la Caput Mundi, la città che il mondo ci invidia, il Colosseo, Trastevere, Castel Sant’Angelo, la Fontana di Trevi, Monteverde, le cripte e le catacombe, i Parioli…tutto questo nasconde in realtà uno stress terrificante, una solitudine crescente, un’incapacità per chi vive nella città eterna di avere una vita normale. Sempre che poi esista un concetto di vita normale.

Se nel libro di Spiegehalter si parla molto di mass media, di contenuti interattivi che distruggono la socialità umana, ebbene Roma oltre a questo problema, “offre” anche altro a chi ci vive al suo interno.

Roma è il Comune più popoloso d’Italia, ha qualcosa come 3 milioni di abitanti che salgono a 4 milioni e 300mila contando la Provincia, da sempre Riserva Indiana per i tanti pendolari o per chi cerca più pace fuori dalla metropoli.

Costoro devono fare i conti con dei mezzi di trasporto tra i peggiori che si possano immaginare, sia per ciò che riguarda puntualità e sicurezza, sia per ciò che riguarda la possibilità di spostarsi da una parte all’altra, con una linea metro che paragonata a quella di altre città come Berlino, Londra, Barcellona o Parigi è assolutamente ridicola.

I tempi d’attesa per i mezzi sono assurdi, i guasti frequenti, il traffico cittadino persino di fronte alla Stazione Termini vive dell’anarchia più incontrollata.

Solo pochi giorni fa io ed altri pedoni siamo stati quasi investiti di fronte alle Terme di Diocleziano da delle auto che infischiandosene del nostro verde (e del loro rosso) ci hanno “caricato” a 50 km orari.

Altrove è pure peggio, poi le code sono sovente interminabili, alimentate da incidenti, parcheggi che oltre a non bastare, portano a liti, doppie file, a mezzi pubblici che vanno a rilento (quando non prendono fuoco) e persino nelle corsie dedicate non sono al sicuro.

Distanze ed orari nella Caput Mundi

Cosa c’entra con le difficoltà interpersonali? Semplice. Non ci si riesce a vedere a Roma. Perchè ci metti una vita, perché se tu stai a Centocelle (per esempio) e quella bella ragazza che hai conosciuto l’altra sera a Campo dei Fiori sta a Monteverde, coi mezzi ci metti quando ti va bene un’ora. In macchina poco meno.

Belli i tempi dell’Università vero? O magari sei venuto per uno dei tanti Master che offre una città che in quanto a Cinema, Televisione, Teatri e Musica occorre dire che ti da solo l’imbarazzo della scelta. Pure in giurisprudenza o medicina….era bello trovarsi tutti assieme alla pausa pranzo, o per l’aperitivo vero?

Magari tu, che venivi da Otranto o Tropea, tu studentessa universitaria (come cantava Cristicchi) amavi tanto Roma, in fin dei conti poi tutto il tuo mondo si ritrovava a San Lorenzo o in facoltà, ed era bello perdersi per i vicoli, andare a scoprire quella Roma nascosta, segreta, perdersi per il centro dove magari incrociavi quel politico o qualche negozio con gli sconti.

Roma sembrava poter offrire tutto vero? Poi però è finito il master, o la laurea, e hai scoperto che quando hai a che fare con orari e impegni, Roma è un calderone infernale, che tra andare e tornare, tra traffico o bus sovraccarichi, le 24 ore se ne vanno da sole. E ogni giorno è uguale come il frigo che hai casa.

Ah già le case, abitare a Roma…..dove ti chiedono 500-600 euro al mese (spese escluse) per
stamberghe dove si e no ci metteresti il tuo cane, dove i padroni di casa appena possono ti rubano un euro, ti passano sopra, non ti ridanno la caparra con le scuse di danni inventati, dove il coinquilino che era solo ieri eravate fratelli e andavate a Le Mura se ne va e scopri che ti tocca pagare le sue bollette.

Lui intanto ha già cambiato numero, ti ha bloccato sui social e magari è dall’altro capo della città nella nuova stanza, dall’altra parte del mondo.

Perché a volta spostarsi a Roma è andare dall’altra parte del mondo. Letteralmente. Dove vigono altre regole, prezzi, orari e dove si perdono i mille rigagnoli le amicizie, gli amori, che credevi veri, consolidati.

La città dei fantasmi

Quasi tutti quelli che conosco a Roma hanno perso di vista tutti gli amici e le amiche, pure quelli più cari, che avevano quando sono arrivati e non per liti o perché se ne sono andati, ma perché le spire dello stress, del tempo, a Roma sono accelerate.

Le giornate non bastano mai, si è sempre, perennemente, in ritardo, per i mezzi, per il traffico, per le distanze…ora capite vero? In un’ora di macchina in Veneto vai da una città all’altra e te ne avanza pure. Qui a volte fai 10 chilometri, che pesano come 100, come 1000.

Quindi invece di uscire per rivedere Giovanna, con cui hai fatto la specialistica, che era solo ieri che il capodanno ad Amsterdam, l’estate in Sardegna, alla fine il tuo cervello che già è stanco di suo, perché il boss a lavoro ti ha fatto rimanere due ore di più (non retribuite), ti dice che ci metterai 3 ore tra andata e ritorno, che domani ti devi alzare alle 7, che quei 10 chilometri sono in altezza, non in lunghezza, sono un muro che vi divide.

E che al novanta per cento pure per Giovanna non è andata meglio. Alla fine il tempo, lo stress, la noia, vincono sul rimpianto, sui rapporti umani, alla fine quel tablet, la serie tv, il divano, se non altro ti danno silenzio, un momento per te, quando il bar davanti casa pure il sabato mattina che potresti dormire alle 7 già fanno casino e ogni sera fino a tardi ci stanno quelli del quartiere che ci tengono a farti sapere che la cugina di tizio se la fa con caio e che la Roma quest’anno vince tutto. Roma è la città dei fantasmi. I fantasmi dei rapporti mai chiusi e mai partiti.

Di solito non ci si vede più qui a Roma perché non ce la fai, materialmente, a trovarti; è come essere
emigrati, come essere partiti per un lungo viaggio e quando ti ritrovi, scopri che la distanza è aumentata perché se non condividi qualcosa alla fine le due rette si separano.

Parlando con gran parte dei miei amici romani ho scoperto che mai come a Roma ribeccare la ragazza o il ragazzo con cui ti sei scambiato il numero (e magari qualcosa di più) la sera prima è molto più difficile che altrove.P

Perché alla fin fine Roma, con la sua vita notturna, la sua mondanità, ti offre una possibilità illimitata di conoscere persone e luoghi, puoi trovare quello che vuoi a Roma: i ristoranti a 200 euro a testa e le taverne con la trippa fatta da nonna, i locali per la musica jazz e quelli per la musica indie. Ma poi continuare a vedersi, a conoscersi, è un’impresa, anzi di più, è un miracolo.

Ho amiche che mi fanno capire quanto “selezionino” i tipi non in base a soldi, macchina o aspetto. Anche certo, ma soprattutto quanto distanti stanno, perché tante sono le storie finite in sofferenza per l’impossibilità di vedersi, per cui tanto vale farsi Tinder, Lovoo e andare al sodo, vedere chi ti sta vicino così non ti illudi.

Roma è solo dei romani

In Collateral di Michael Mann, Tom Cruise, nei panni di un feroce sicario col vezzo della filosofia, rivela al taxista che ha sequestrato per la notte, che Los Angeles non gli piace.

Perché? “Non so.., sembra tutto disconnesso. Voglio dire: l’altra notte un tizio è morto sul metrò. Ha fatto il giro della città prima che qualcuno si accorgesse. Da queste parti le persone per incrociarsi devono fare un frontale in auto”.

Vero. E pensate un po’, Los Angeles su per giù ha gli stessi abitanti di Roma. Problema comune a molte città, alle metropoli l’essere dispersiva, stressante, faticosa di vivere, certo.

Si parla di app per incontri, ma sapete dove sono nati gli speed date? A Londra. E ancora oggi vanno forte, come a Parigi, la cui antipatia degli abitanti è un luogo comune come la cafoneria dei romani.

Ma sono città dal respiro internazionale, dove se non altro la qualità della vita è più alta, dove coesistono culture e punti di vista diversi, dove non devi parcheggiare col panico che non troverai più l’autoradio o la moto dove l’hai lasciata.

Ho conosciuto nel mio lavoro (e conosco tuttora) tantissimi stranieri, per un certo periodo di tempo sono stato in un gruppo di scambio culturale e sapete su cosa concordavano tutti? Che non riuscivano neppure dopo anni, neppure dopo essersi sposati con un romano o una romana, ad avere degli amici della Città Eterna. E che non gli era mai successo quando stavano a Berlino, Dublino, Amburgo o Zurigo.

Qui i romani li evitano, li ostracizzano, a meno che non sia per un rimorchio o roba simile, perché legati sempre e per sempre alle amicizie del quartiere, del posto, perché “noi de Roma semo i mejo” e che poi si sa, sovente qui i rapporti sconfinano nella convenienza.

Misantropia portami via

Non esiste meritocrazia a Roma. Se vai avanti, lo fai perché conosci, perché sei figlio di o parente o simili. Non è un’illazione, è un dato di fatto. Storico, secolare, scolpito nella pietra e nei monumenti, e aumenta un’attitudine al cinismo che rende misantropi, disillusi, perché come se non bastasse doversi adattare a nuove amicizie e compagnie a ritmo continuo, ci sta pure il fatto che gli amici devi pure cercare di farteli nei posti giusti. Sennò sei fregato.

E se non esiste meritocrazia allora non esiste un rapporto che sia genuino, non esiste un’amicizia che non sia disinteressata, un amore che sia sincero, un sorriso che non sia preparato.

E quando te ne rendi conto il divano diventa più grande, più caldo, più bello. La palestra, i corsi da ballo o simili sono abitati da maschioni perennemente in fregola, ergo la percentuale di auricolari nelle orecchie femminili è a livelli record, metodo contraccettivo-sociale efficace come pochi. Hai le cuffie = assame perde, come dicono da ste parti. O almeno lo è spesso.

Se non sei di Roma ti devi adattare a Roma, ovviamente, e farlo è facile da universitario, ma da lavoratore, giovane o vecchio che sia, o da lavoratrice è sempre stato un inferno, come mi confessava una delle mie ex coinquiline che scappò sei mesi dopo la Laurea tornandosene al suo paese in Campania, perché qui il sogno era incubo ormai.

Un incubo fatto di stage, contratti part- time, pagamenti non puntuali, contratti non rispettati, straordinari non pagati e via dicendo che ti caricano di odio, di sospetto, di acredine verso il tuo prossimo che potrebbe essere quello che ti soffia il posto. Che è un nemico. A prescindere.

La maschera virtuale

Diversi tra gli amici e colleghi romani, mi dicono che una volta era diverso, che negli anni 90 e fino ad inizio 2000, prima che le varie giunte e scandali affossassero la città, vivere a Roma era proprio bello. Era fantastico.

Poi… poi la città è diventata quello che è diventata e non c’è derby all’Olimpico (ora che Totti e De Rossi non ci sono più poi!), non c’è party al Vinile o tramonto visto da Castel Sant’Angelo che possa far dimenticare ai suoi abitanti cos’è diventata la loro città, in che stato di degrado è scivolata. Anche per questo si sono incanagliti dicono, sono diventati tutt’uno con una realtà difficile e logorante.

La vita digitale invece…quella può essere meravigliosa, puoi essere quello che vuoi, convincerti che sei quello che vuoi far apparire, e se la tua vita fa schifo, a Roma, allora Facebook, Instagram e compagnia bella potranno aiutarti a mentire a te stesso.

Lo devi fare perché anche gli altri lo fanno, anche gli altri sorridono di fronte al Vaticano o a Monti, dove per una birra ti chiedono 10 euro, e se vuoi attirare qualcuno per scaldare il freddo che hai in mezzo agli altri, devi vendere il tuo prodotto al meglio, filtrarlo al meglio, offrire a te stesso e agli altri l’illusione di un’integrazione che è miraggio e promessa non mantenuta.

E così ti ritrovi dentro un gigantesco treno fatto di strade, mura, un treno che va molto più veloce della metro, ma dove le stazioni dove scendere non le scegli tu, e manco i passeggeri che incontrerai.

In questo esercizio pirandelliano, in questa tonnara dove la verità è sempre filtrata, ammantata di sorrisi forzati, allegria simulata, di storie su Instagram o post su Facebook dove cerchi di staccarti dal branco, in cui l’alienazione la fa da padrone; alla fine realtà e menzogna vanno a braccetto, e non sai mai dove cominci una e dove inizi l’altra.

E tutto alla fin fine rende la tua vita spesso come Spelacchio, il triste albero dell’ultimo Natale, quello che strappò qualche amara risata a chi passava davanti all’altare della patria: spoglio, freddo, triste. E solo. Poi però sui social dobbiamo assolutamente sembrare querce del Manitoba.

Chi di questi tempi vive a Roma, capisce ogni giorno che passa quanto vero sia il detto “Roma è bella ma non ci vivrei”.

– Leggi l’intervista a Giulio Zoppello –