Raffaele Gaito, Mindset e Strumenti per Crescere il Business da Growth Hacker

Salute, tempo, soldi. Se dovessi fare una classifica delle priorità nella vita questo sarebbero le 3 capoliste. La salute per prima, perché senza di essa non si va da nessuna parte. Dunque il tempo, addirittura prima dei soldi, perché in tempi frenetici come quelli moderni, per via del cellulare, ogni frazione di secondo ha assunto un valore inestimabile.

Ebbene, Raffaele Gaito è riuscito a tenermi incollato allo schermo per un’ora e mezza, evento più unico che raro. Merito del suo intervento allo Startup Grind di Ancona, ripreso da questo video su YouTube e moderato da un’altra persona molto in gamba, Frank Hysa, conosciuto al Mashable Social Media Day del 2017.

Quello di Raffaele Gaito è un brand personale solido in Italia. Nell’intervista che segue lo stesso Raffaele sottolinea quanto attività di Growth Hacking e public speaking possano convivere, al di là di tutti i pregiudizi, e la sua presenza allo Startup Grind Ancona ne è stata una prova tangibile.

La tenacia gli ha concesso di avviare un’attività come libera professionista in un settore del digitale tutto da sviluppare, specie in Italia. L’esperienza gli ha consegnato gli elementi per scrivere il libro ‘Growth hacker. Mindset e strumenti per far crescere il tuo business‘. La confidenza, infine, gli ha consentito di performare bene sul palco.

Ecco a voi Raffaele Gaito, 50% Hacker e 50% Batman.

Entriamo subito nel vivo della tua carriera parlando della tua ultima creatura, un’opera scritta, frutto di mesi di lavoro e tante soddisfazioni. Parliamo del tuo libro. 7 mesi di scrittura, 2 di revisione, 1.080 caffè. Che sensazione hai provato a leggere tutte quelle recensioni entusiaste su Amazon?

“Mi emoziono ogni volta che le leggo e, fidati, ci entro almeno una volta al giorno! Quando hai dedicato così tanto tempo a un contenuto (che sia libro o altro) poi la cosa che più ti fa piacere è quando gli altri l’apprezzano.

Un po’ come quando prepari la super cena per gli amici e non ti frega niente se loro sono a tavola e tu stai di la in cucina, l’unica cosa che ti interessa è sentirli fare complimenti nell’altra stanza.

Per il libro è stato cosi: non mi interessa se ne venderò 100, 1000 o un milione, non mi interessa che non diventerò ricco grazie al libro, non mi interessa se i miei competitor ne vendono di più o di meno. L’unica cosa che mi interessa è lasciare un segno nelle persone in cui lo leggeranno.

E i commenti entusiasti che leggo in giro in questi primi mesi, mi danno la conferma che è così! Che il duro lavoro viene sempre apprezzato e che non ci sono scorciatoie: se vuoi fare le cose fatte bene devi sudare e aspettare”.

Tu hai abbracciato la strada del libero professionista dal giorno zero, sviluppando la tua carriera come Growth Hacker indipendente tra Italia e Inghilterra. Man mano le sfide professionali crescono, e il livello delle aziende con cui lavori si alza. Parliamo allora di come prevedi di gestire il futuro. Lavoratore solitario, leader di un team di freelance o capo di un’azienda strutturata?

“In realtà non è proprio così. Io sono prima di tutto un imprenditore, poi nel resto del tempo faccio consulenza e formazione, ma la maggior parte del tempo lo dedico ai miei progetti (o almeno ci provo).

Sulla questione freelance vs azienda ti confesso che è una cosa sulla quale sto riflettendo molto negli ultimi mesi. Il numero delle richieste è sempre più alto e anche la tipologia delle aziende migliora sempre di più, per dirtene una in questo 2018 mi stanno contattando molte grosse aziende.

In tutta sincerità io non amo il modello agenzia, lo trovo poco entusiasmante e poco scalabile. Sto collaborando già con diverse realtà che mi supportano su alcuni clienti dove da solo non riesco a gestire il flusso, ma non credo di aprirne una mia. La risposta non ce l’ho, la sto ancora cercando ed è uno degli obiettivi principali di questo 2018.”.

Il digitale implica formazione continua. Alcuni professionisti seguono corsi, altri prendono la strada da autodidatta, altri ancora combinano entrambi i percorsi. Da quali elementi è composta tua dieta formativa settimanale e come resti saldamente aggiornato rispetto all’evoluzione del tuo settore di riferimento?

“Io sono un grande fan della formazione continua, ma anche della formazione differenziata. Investo parecchio (sia in termini di tempo che di soldi) nella mia formazione perché credo che il miglior investimento che si possa fare è su se stessi.
Non ho dei numeri precisi, ma ad occhio e croce ti dico che seguo almeno un corso a trimestre, leggo tra i 50 e i 60 libri l’anno e poi aggiungo nei tempi morti un po’ di podcast e video vari.

Per me la formazione (così come la lettura) è una priorità, quindi non lo faccio nel tempo libero, ma la metto in cima alle cose da fare, rimodulando di conseguenza tutti gli altri impegni. Per me è surreale sentire le persone dire che non hanno tempo per leggere o non hanno tempo per studiare. È come dire ‘non ho tempo per mangiare’, a un certo punto hai talmente tanta fame che ti fermi e mangi.

Tutto qua.

Poi in particolare io uso un approccio (di cui non ricordo il nome) che ho letto da qualche parte, per avere sempre nuovi stimoli, uscire dalla cosiddetta filter bubble: almeno una volta al mese leggo un libro che non avrei mai letto, vado a vedere al cinema un film che non è ‘nel mio genere’ o ascolto un disco di qualcuno che non seguo o non conoscevo.

Sembra una sciocchezza, ma in realtà aiuta un botto a guardare fuori dalle 4 mura della propria quotidianità”.

Direi di ‘no’ è una delle sfide più importanti per chi lavora come libero professionista e inizia a conseguire risultati tangibili. Si tratta di allocare il proprio tempo in modo intelligente e stoppare sul nascere progetti di marketing in cui il prodotto o servizio erogato non s’ha da fare. Quando hai imparato a dire di ‘no’ ai clienti e quanto è importante nella tua carriera?

“Hai ragione da vendere, dire di ‘no’ è una delle cose più difficili e importanti in assoluto. Non solo nel mondo del lavoro e non solo per i freelance.

Io credo di aver imparato nel 2017 o meglio… sono sempre stato molto bravo a dire di ‘no’, ma solo nel 2017 ho imparato il come e il perché.

Però occhio che non è una cosa che una volta imparata la riesci a fare per sempre. Devi allenarti e, anzi, devi migliorare. È troppo facile cadere nella tentazione di dire di “si” solo perché questo mese vuoi mettere qualcosina di più in tasca o perché quel lavoro te l’ha presentato un amico e così via”.

La preparazione cammina alla stessa velocità dell’ars oratoria, e questo fa di te un public speaker competente e piacevole da ascoltare. Cosa rappresenta, per te, essere un public speaker attivo e continuativo

“Un’altra delle cose che ho imparato nel 2017 è che la famosa frase ‘chi sa fare fa, chi non sa fare insegna’ è una cazzata. Non è assolutamente vero, molto spesso chi lo sostiene lo dice semplicemente perché non è un bravo oratore.

L’idea che ci siano persone brave tecnicamente (che quindi fanno) e anche brave nella parte ‘divulgativa’ (che quindi insegnano) li fa incazzare a morte, è questa la verità.

Poi però beccano uno come me (o come tanti altri miei colleghi bravi) e devono ricredersi: non sempre chi è bravo a parlare in pubblico rappresenta la ‘fuffa’, è semplicemente una persona che ha capito l’importanza di tutti e due gli aspetti.

Anche su questo punto io seguo il solito approccio, fatto di tanto studio e tanto allenamento. Adoro parlare in pubblico e lo faccio spesso, sia nel senso di fare da speaker a conferenze ed eventi, sia nel senso di insegnare e fare formazione.

Allo stesso modo, però, studio tanto: mi sfondo di video su TEDx, mi studio gli altri speaker bravi (ancora una volta, non solo gente del mio settore), leggo libri che parlano del public speaking e così via.

Il solito rapporto tra teoria e pratica da cui non si sfugge!”.

Chiudiamo con una proiezione che combina lavoro e passioni collaterali. Siamo nel 2019, Raffaele Gaito si è fatto un nome anche oltreoceano e per questo viene contattato da un importante Centro Media. La proposta è incredibile, da sogno: ti chiedono di lavorare alla promozione del nuovo film di Batman. Con 12 mesi di tempo a disposizione, e un budget corposo, quale strategia di Growth Hacking adotteresti per promuovere la nuova pellicola del tuo eroe preferito?

“Sappi che questa domanda ha appena vinto il premio “miglior domanda fatta a Raffaele Gaito DI SEMPRE!” 🙂

Scherzi a parte, mi piace la provocazione e provo a rispondere seriamente, anche se servirebbe un po’ di tempo per ragionare bene su un’analisi e una strategia.

Il Growth Hacking non è una strategia, è un processo. La strategia (o le strategie) la trovi man mano che questo processo va avanti.

Proverei a individuare quali sono i trend forti del 2019 e investirei su quelli non convenzionali che vanno più forti tra i teenager. Per esempio, vista la crescita del settore VR e AR farei un pensierino serio ad aggredire quei canali dando la possibilità all’utente di calarsi nei panni di uno dei personaggi. Poi da lì provare ad innescare delle dinamiche virali basate su user generated content.

Idem con Musically e le altre piattaforme utilizzate dai ragazzini: proporre contenuti estremamente in target con piattaforme di questo tipo è fondamentale per chiunque vuole vendere qualcosa ai giovanissimi nei prossimi 3-4 anni.

Ma soprattutto proverei a pensare il contenuto in maniera diversa. Lo diciamo sempre, il growth hacking non è solo marketing, è anche tanto prodotto. Quindi in questo caso, visto che il prodotto è il film, proverei a ragionare su come realizzare un prodotto che dentro includa elementi ‘fuori dagli schemi’.

Boh, queste son le prime cose che mi son venute in mente in 5 minuti di riflessioni, ma con un potenziale del genere secondo me c’è da divertirsi parecchio, soprattutto provando a stimolare dinamiche virali da parte degli utenti”.