Quanto sei attento alla tua attenzione?

– Dalla rubrica di Daniele Giussani, “Senza guardare indietro” –

Non più di qualche anno fa andava di moda tenerlo appeso al collo con una cordicella. Oggi le dimensioni lo permettono solo per i più temerari. Preferiamo portarlo nella tasca del cappotto o nel taschino dei pantaloni. In borsa, nello zaino o in quella fastidiosissima tracolla da uomo. Fastidiosa almeno per me. Preferiamo ho detto? Forse sarebbe meglio dobbiamo, visto che ormai il telefono intelligente (o smartphone se preferite) deve stare accanto a noi. Sempre. 

C’è la nostra vita tra quella selva di foto, chat e dati. Può conoscerci meglio del nostro amico del cuore. Qualcuno ci tiene segreti che non ha mai raccontato a nessuno. È lo strumento che ha condensato le distanze tra noi e il mondo intero. Ogni azione con un clic. Conversiamo, leggiamo, commentiamo, ascoltiamo e messaggiamo. Giochiamo, ordiniamo, compriamo. I più impavidi danno inizio alla loro storia d’amore, alla loro carriera. E perché no, a una rivoluzione.

Facciamo attenzione a non perderlo. A non romperlo. A non dimenticarlo in giro. Stiamo attenti che nessuno lo possa usare al nostro posto, quindi lo proteggiamo con una password o un’impronta digitale. Siamo attenti a troppe cose e forse perdiamo di vista la più importante, ovvero l’eccessivo interesse che dedichiamo ogni giorno al numero sproporzionato di notifiche, stimoli e informazioni che intralciano la soglia della nostra attenzione e inesorabilmente la riducono.

Il nostro smartphone richiede attenzione

Lo strumento che più utilizziamo nella nostra vita reale è un dispositivo digitale. Richiede continuamente la nostra attenzione. Con uno squillo, un suono o una notifica. Ciò che accade sullo smartphone accade intorno a noi, sostituendo completamente lo sfondo delle nostre esperienze. Il mondo dentro il nostro smartphone, il nostro mondo, richiede sempre più interesse e considerazione. E non abbiamo tempo. Quindi cosa diventa davvero importante? 

Saper distinguere tra ciò che è rilevante e ciò che è marginale. Essere analogici in un mondo digitale. Forse è questo che dobbiamo imparare ad affinare. Cosa significa esattamente? Siamo legati al tempo ma non capiamo che è poco. Come l’attenzione, sempre più inghiottita da argomenti futili. Diciamo di non avere tempo ma è necessario tornare ad avere controllo su di esso. Perché le scelte di una vita vengono determinate proprio dalla nostra attenzione. 

Definiamo l’attenzione

“L’attenzione è una virtù morale” scrive nel suo libro Né qui né altrove. Una notte a Bari Gianrico Carofiglio. “Essere attenti significa essere giusti con se stessi e con gli altri. Le persone attente sono curiose e attive; studiano e lavorano con entusiasmo, coinvolgimento e passione; scrutano i bisogni degli altri e sono capaci di aiutare”. Non credo ci sia definizione più esaustiva.

L’enciclopedia Treccani invece ne da una definizione più tecnica e la descrive come un “processo selettivo per cui una sequenza percettiva o rappresentativa assume, nell’attività mentale cosciente del soggetto, un netto risalto sul contesto in cui è inserita” Aggiunge anche una distinzione tra attenzione volontaria, “concentrazione su un determinato oggetto, focalizzazione della coscienza secondo le direttive del soggetto” e involontaria (o spontanea), “l’oggetto si impone per caratteristiche proprie”. Colpito.

Sopravvivere alle distrazioni

L’oggetto che si impone per caratteristiche proprie cattura la nostra attenzione. Come il suono della notifica di un applicazione. La mail che devi assolutamente leggere. Il video che Facebook ti propone, a cui potresti essere interessato. La serie Tv da terminare. Perdere il focus sull’attenzione non è mai stato così facile. Succede quindi che gestire l’attenzione diventa un esercizio intellettuale. 

In questa nuova condizione di abbondanza informativa perdiamo del tutto il controllo sulla capacità di dirigere al meglio la nostra vita. Spendiamo due terzi della nostra giornata tra sonno e lavoro. L’ultimo terzo rimane per il tempo libero. La digitalizzazione ha reso più semplice raggiungere e velocizzare tantissime attività. Cerchiamo quindi di dare un significato positivo alla tecnologia e l’innovazione usandole per migliorare la nostra vita. Non per usarle senza alcun motivo.

Che cosa merita la nostra attenzione?

Nei canali digitali non ci sono limiti di tempo, quindi diventa tutto soggettivo in funzione del coinvolgimento, dell’importanza e della possibilità di utilizzo. Tutto può essere pubblicato, visto, letto e fruito. Sei tu a decidere cosa scegliere, quali contenuti saranno destinati a essere ignorati e quali invece meritano la tua attenzione. Qui la competenza sta nell’essere in grado di distinguere la qualità dal semplice rumore di fondo.

È il tuo tempo a essere limitato, quindi la scelta è di vitale importanza. E il tempo che dedichi ai contenuti non necessariamente significa attenzione. Hai tutto il diritto ogni tanto a distrarti su cose futili, ci mancherebbe. Occhio però a non rischiare di perdere la cognizione del tempo, dimenticando la nostra vita senza esserne consapevoli, erodendo ore preziose che si potrebbero dedicare a cose ben più vigorose e produttive.

Dentro l’economia dell’attenzione

Il primo settembre 1969 l’economista Herbert Alexander Simon presenta una pubblicazione scientifica intitolata “Designing organizations for an information-rich-world”. È tra i primi studiosi a suggerire il problema dell’attenzione e la stretta relazione esistente con la crescita del sistema informativo. “L’abbondanza di informazioni crea scarsità di attenzione, una ricchezza che crea scarsità di attenzione nelle persone che ricevono informazione”. 

Parole di cinquant’anni fa che hanno anticipato i tempi odierni. Oggi non viviamo più in ambienti poveri d’informazione. La digitalizzazione e i nuovi mezzi di comunicazione a misura di individuo hanno infranto quelle barriere. L’informazione corre veloce, è accessibile a tutti ed è più facile da reperire. Un numero quasi infinito di contenuti raggiungono speditamente un numero maggiore di persone ogni giorno.

Ma qual è davvero il problema quando un numero maggiore di informazioni portano ad abbassare il livello della nostra attenzione? Perché aumentare semplicemente il numero di informazioni che riceviamo non è di per sé una complicazione. Anzi. Ciò che va presa in considerazione è l’efficienza nell’elaborazione delle informazioni. Il rischio è perdere il controllo sui nostri processi d’attenzione.

Quando l’attenzione si trasforma in profitto 

Nell’ecosistema Facebook miliardi di persone raccontano il proprio mondo e il proprio modo di essere aiutando le aziende interessate a trovarli uno a uno. Quando usiamo gratuitamente e navighiamo sul social network “paghiamo” con la garanzia della nostra attenzione. Dovranno poi essere bravi gli inserzionisti che acquistano con reale moneta spazi pubblicitari a catturare la nostra considerazione.

Google, viceversa, sa rispondere alle nostre domande nella maniera più veloce esattamente quando viene digitata (o pronunciata se preferite). Alcuni ricercatori dell’università del Michigan, finanziati da Google, hanno effettuato uno studio mettendo a confronto tutte le indagini che svolgiamo sui motori di ricerca rispetto a quelle fatte in biblioteca. Il motore di ricerca ha naturalmente battuto sul tempo la ricerca cartacea (sette minuti contro ventidue minuti). 

Hal Varian, Chief Economist di Google, ha calcolato questo valore temporale tramutandolo in valore economico. In trecentosessantacinque giorni le ricerche online offrono agli americano un’eccedenza di tempo libero pari a circa cinquecento dollari. A quanto pare tutti guadagnano. A patto di saper reinvestire profittevolmente quel tempo libero in eccesso, regalatoci dalla tecnologia.  

L’attenzione è la moneta della nostra era?

Così più di qualcuno l’ha definita. Un tanto al chilo, un tanto a persona. Lasciando da parte metriche con sigle strane. Moneta per alimentare le casse ed i profitti delle grandi aziende digitali (visto che le piccole ancora non hanno ben compreso). Ma anche valuta per noi comuni mortali. 

Una valuta per riscoprire (e sfruttare) solo ciò che il digitale è in grado di migliorare nel nostro modo di vivere. Così l’attenzione potrà menar vanto d’essere protagonista assoluta non solo quando sfruttata per fini economici, ma anche quando un gruppo assai nutrito di persone la pretende per migliorare il proprio essere.

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