Mario Luongo, Giornalista per Le Guide di Repubblica ai Sapori & ai Piaceri

Da Scienze della Comunicazione a una delle più ambite redazioni capitoline, storia di un umile professionista e di un settore lavorativo in evoluzione

Chiunque abbia lavorato con Mario Luongo non può che parlarne bene. Umile coi superiori, disponibile coi colleghi, puntuale col lavoro. Mario ha lasciato tracce positive lungo il percorso, da quello accademico a quello professionale. Ha soprattutto fatto una cosa che in questa scuola apprezziamo: non ha mai mollato.

Mario Luongo oggi lavora come Giornalista per Le Guide di Repubblica ai Sapori & ai Piaceri. Una storia curiosa, specie alla luce di tutti i giornalisti che – ai tempi dell’Università – consigliavano caldamente di non intraprendere la professione giornalistica. Perché ad essere in crisi è in crisi, ma l’industria dell’informazione riserva ancora alcune opportunità. E Mario ha saputo coglierle.

Già durante gli studi Mario aveva avuto un assaggio della redazione di Repubblica. Fu un assaggio duro, quasi amaro, dovuto alla complessità di un contesto lavorativo che, nell’immaginario di uno studente universitario, veniva dipinto in modo certo più idilliaco. Da lì altre esperienze di lavoro, tra cui in particolare una in un’agenzia di comunicazione specializzata in brand journalism, hanno segnato il cammino di un professionista umile e tenace.

A testa bassa, Mario ha mantenuto saldi i rapporti con Repubblica fino a tornarci in pianta stabile. A testa alta, condividiamo con voi la sua storia, in grado di fornire chiavi di lettura interessanti per gli studenti di oggi – e i giornalisti di domani.

Tu cosa senti di aver riportato a casa di positivo dalla tua esperienza Triennale & Specialistica alla Sapienza di Roma?

“L’esperienza accademica è stato un percorso che, nel bene o nel male, mi ha preparato almeno ‘mentalmente’ al mondo del lavoro. Mentirei se dicessi di aver ricevuto dall’università gli strumenti adatti per affrontare consapevolmente il settore del giornalismo e della comunicazione, ma la mia è una generazione che ha imparato a trovare le risorse necessarie anche dove non ci sono, e lo dico fuori da ogni retorica.

Ho cercato di trarre il meglio dal percorso triennale: forse troppo teorico, ma sicuramente mi ha dato una base culturale solida e diversi spunti interessanti da seguire. Stesso discorso per la specialistica, ma in questo caso ho apprezzato molto il rapporto più diretto con alcuni professori (su tutti il Prof. Christian Ruggiero) che hanno saputo creare spazi di sperimentazione lavorativa, laboratori, approfondimenti. Insomma piccole palestre per il futuro”.

Durante l’esperienza universitaria muovi i tuoi primi passi nel mondo del giornalismo, sia in qualità di redattore per il Metro della Capitale sia come speaker radiofonico di Radio Sapienza. Affrontare esperienze extra-accademiche nel corso degli studi hanno accelerato o rallentato il tuo percorso di formazione?

“Sia l’esperienza con Metro che quella in Radio sono stati molto importanti, seppur brevi, per muovere i primi passi in una dimensione a metà tra università e lavoro, essendo entrambe laboratori attivati dal corso di laurea in Editoria Multimediale che ho frequentato. Sicuramente sono stati molto utili nell’accelerare un processo di formazione dal punto di vista pratico, a integrazione della tanta (troppa?) teoria precedente”.

Improvvisamente la tua carriera prenda una virata, seppur lieve. Ad aprile del 2014 entri nella squadra romana di Gnoti Lab – agenzia di comunicazione specializzata in brand journalism. Come hai vissuto questo passaggio dal giornalismo alla comunicazione aziendale e cosa senti ti aver imparato?

“Quella di Gnoti Lab è stata un’esperienza positiva, sia dal punto di vista umano che professionale. Ho avuto l’occasione di lavorare con professionisti in gamba nella comunicazione tout court, dal giornalismo alla comunicazione social, e soprattutto credo di aver imparato molto dalle dinamiche di lavoro in una piccola realtà. Diciamo che è anche grazie alla professionalità della squadra con cui lavoravo che il passaggio dal giornalismo alla comunicazione aziendale è stato meno ‘traumatico’ del previsto”.

Repubblica, Repubblica, Repubblica. Il tuo profilo LinkedIn parla chiaro: nonostante le molteplici esperienze di lavoro in diverse realtà aziendali, Repubblica è sempre rimasto il tuo punto fermo nel curriculum. Sei infatti passato da stagista, a collaboratore esterno e, infine, ora lavori nella redazione nazionale delle Guida dei ristoranti. Alla luce di tutta la trafila che hai vissuto, che consiglio ti sentiresti di lasciare ai giovani Studenti di Comunicazione & Giornalismo che vogliono a tutti i costi sbarcare in una redazione di livello?

“Quando ero all’università e venivano giornalisti importanti a tenere lezione, al 90% il loro consiglio alla platea di studenti era: lasciate stare, fate altro, non ne vale la pena. Lo dicevano con una punta di ironia amara, consapevoli di parlare a una fetta di aspiranti colleghi che avrebbe lavorato a ritmi frenetici e in condizioni non facili. Esattamente come le generazioni precedenti, sia chiaro, ma con una sostanziale differenza: la luce in fondo al tunnel oggi probabilmente non c’è. E durante il mio percorso a Repubblica non sono riuscito a dare loro torto. Ma neanche completamente ragione.

L’unica cosa che mi sento di consigliare è questa: bisogna fare una tara con la massima onestà tra quello che si vuole fare e quello che si sa fare, passare il setaccio tra la propria idea romantica di giornalismo e la realtà effettiva, tra le proprie competenze e quelle richieste da un settore saturo, stanco, in gran parte vecchio e in cerca di una nuova identità.

Insomma, ci vuole in primis un grande esame di coscienza personale per capire che c’è una bella differenza tra ‘a me piace scrivere’ e ‘fare il giornalista’. La prima vera a risposta a questi dubbi, personalmente, l’ho avuta dallo stage alla cronaca di Roma di Repubblica, mentre frequentavo ancora la specialistica: uno schiaffone in faccia, forte, di quelli che ti svegliano dai sogni e ti portano alla realtà”.