Marco Agrillo, Studente della Digital Combat Academy a Milano

Gestire una scuola di marketing digitale significa esporsi anno dopo anno al contatto diretto con talenti molto eterogenei tra loro. Primo perché il digitale è una disciplina ormai trasversale a praticamente qualunque professione. Secondo perché noi, nel valutare la candidatura di un monaco, guardiamo poco al suo abito e molto ai suoi obiettivi formativi.

La storia di Marco Agrillo è per noi fonte di interesse e onore. L’interesse deriva dalla personalità di Marco, solida e battagliera, e di cui abbiamo avuto un assaggio nelle comunicazioni intercorse con lui da remoto. L’onore nasce invece dalla possibilità, come scuola, di poter ospitare in aula il nostro primo Studente in divisa. Marco è infatti un agente di polizia.

Ha imparato sul campo l’importanza di restare con la guardia alzata, sempre, e di lavorare in team per portare a casa il risultato – specie in situazioni critiche. Marco ha dunque declinato queste competenze di base nel marketing digitale, mondo di cui si è innamorato e che ha abbracciato come fosse una seconda divisa.

Felici di avere in aula un profilo particolare come quello di Marco, unico nella storia di questa scuola, vi proponiamo la sua intervista.

L’università vive tempi duri, lo sappiamo. Dopotutto è anche questo il motivo per cui nascono sempre più percorsi di formazione alternativi alla tradizionale via accademica, tipo il nostro. Partiamo a bomba allora dalla tua, di esperienza universitaria. Luogo: Università degli Studi Niccolò Cusano. Facoltà: Scienze politiche e Relazioni internazionali. Tra pro e contro, che giudizio complessivo daresti del tuo percorso accademico?

“Mi aggancio subito alla prima frase della domanda: l’università vive tempi duri. Tutto ciò perché il mondo, oggi, va troppo veloce e l’università ha dimostrato, per come è impostata, di non essere in grado di stargli dietro, fornendo delle nozioni (spesso solo teoriche) agli studenti, non adeguate per renderli pronti ai relativi settori lavorativi.

Mi ricorda un po’ il caso di Blockbuster, storica società di cinematografia dalla quale tutti abbiamo comprato almeno un film, società che valeva miliardi e pure che fine ha fatto per non essersi adeguata al progresso? Un po’ tutti conosciamo la risposta.

Per quanto riguarda il mio percorso, invece, posso dire che la facoltà in se mi è piaciuta molto dato che presenta svariate materie, anche molto diverse tra di loro, spaziando tra il mondo economico e il mondo giuridico, ed è stato perfetto per una persona eclettica come il sottoscritto o come direbbe la Wapnick ‘multipotenziale’.

Allo stesso tempo, è un percorso che se fatto fine a se stesso, a livello lavorativo ha molto poco da dare, infatti, il mio scopo primario era quello di farlo con l’intento di progredire nel mio settore attuale”.

Il tuo percorso universitario arriva, in ordine cronologico, anni dopo aver avuto un assaggio del mondo lavorativo. Infatti già nel 2012 muovevi i tuoi primi passi in Vodafone, fino ad arrivare poi in Engineer Group. Da neodiplomato che visione avevi del mercato del lavoro e, soprattutto, cosa ti sei riportato a casa da queste primissime esperienze?

“Ho capito subito che era un mondo che andava a 200 km/h e non aveva modo di aspettare qualcuno, quindi, se rimanevi a dormire sugli allori, non avevi modo di progredire.

Le prime due esperienze lavorative post diploma che hai accennato sono state entrambe brevi ma molto significative, dato che in ognuna di esse, ho toccato con mano quasi tutti i lati positivi e negativi del mondo lavorativo nel privato.

L’esperienza in Vodafone, dove il mio compito era quello di procacciare nuovi clienti, quindi nuovi contratti, mi ha trasmesso molto sia a livello umano, grazie ai colleghi e al rapporto con la clientela e sia a livello professionale poiché mi ha dato già qualche prima soddisfazione, vincendo per vari mesi di seguito il ‘titolo’ da team leader per contratti chiusi.

L’esperienza in Engineer Group Srl, invece, a livello umano mi ha dato ben poco, dato che l’unico rapporto umano era con l’ingegnere responsabile dell’ufficio, mentre a livello professionale è stato molto avvincente, poichè partecipai a molti progetti di impiantistica di varie strutture con i vari software, tra cui Autocad”.

Prima nell’Esercito, poi Agente di Polizia, il tuo percorso di lavoro a un certo punto prende una svolta. Quello della disciplina, dell’autorità, del bene comune. Rappresenti ufficialmente la prima forza dell’ordine all’interno di un nostro Corso in Aula, e di questo siamo onorati. Parlaci allora di questa scelta di vita. Cosa ti ha spinto a farla e quali sono state tutte le difficoltà che hai dovuto affrontare come rappresentante dello stato?

“Innanzitutto l’onore di essere uno studente del prossimo corso della DCA è mio, onori a parte, la scelta di vestire una divisa, è una scelta che rifarei altre mille volte, poiché, prima l’esercito, poi la polizia, sono state e sono tutt’ora, due esperienze che mi hanno fatto letteralmente crescere e reso indipendente, e non parlo dal punta di vista economico ma proprio da un punto di vista umano e personale, che credo sia la cosa più importante.

Questo percorso è sempre stato un qualcosa che volevo fare da quando avevo circa 15 anni, e le motivazioni che mi hanno spinto a farlo, sono sia umane che materiali.

Volevo, a tutti costi, indossare una divisa e infatti prima dei 20 anni, già indossavo quella dell’Esercito, poi due anni dopo, quella della Polizia, questo perché mi piaceva e mi piace l’idea di essere un simbolo, un qualcosa che la gente, appena la vede, se ne avesse bisogno, può trovare un aiuto.
L’aspetto materiale, invece, è che avevo voglia, di essere da subito, economicamente parlando stavolta, autonomo e questa rappresentava non la strada più semplice, ma forse quella più veloce.

È un settore che, a livello umano, oltre ad insegnarti tanto sul come stare in società, ti pone in certe situazioni, come nel mio caso ad esempio, nel famoso ‘boschetto di Rogoredo’, dove hai a che fare con un lato della società, che il comune cittadino è abituato a vedere solo nei TG o al massimo su Netflix, un lato della società dove hai a che fare con la cosiddetta melma o con tanta gente per bene, che per un motivo o per un altro, si trova, adesso, in una situazione disagiante, e tu sei li, con solo i tuoi colleghi a guardarti le spalle, a dover esser pronto ad affrontare qualsiasi problema improvviso possa nascere.

Ovviamente, come in tutte le cose, c’è sempre il rovescio della medaglia, e in questo settore, purtroppo, per svariati motivi, hai poche opportunità di crescere e progredire, professionalmente parlando, senza parlare del fatto che in Italia, stiamo vivendo un periodo storico in cui, non vi è assolutamente la certezza della pena per chi delinque, e spesso, vedi persone che con non poca fatica hai assicurato alla giustizia, il giorno dopo girovagare libere per le strade della città, e ciò ovviamente scoraggia le forze dell’ordine nell’espletamento delle loro funzioni”.

Concludiamo con un focus sulle tue ambizioni nel digitale. Parallelamente alla tua vita da agente hai infatti iniziato a sviluppare interesse verso il web, e in particolare la parte di advertising. Che obiettivi hai per il tuo futuro nel marketing digitale, e quali discipline ti interessa maggiormente esplorare nel nostro corso?

“Da come già ho anticipato in precedenza, quando parlavamo del percorso universitario, mi definisco una persona eclettica, con molti interessi o appunto come direbbe la Wapnick ‘multipotenziale’.

Definizioni a parte, il mondo del digitale è un settore di cui mi sono letteralmente innamorato, infatti, non nascondo che in qualche corso online fatto recentemente o in qualche esercitazione fatta in questo ambito, io abbia passato ore e ore davanti al pc, senza avvertire alcuna noia o stanchezza, e ciò significa solo una cosa: è un mondo che voglio, senza dubbio, imparare e conoscere.

Non parto proprio da zero ma volevo iniziare, contemporaneamente ad un percorso online iniziato con Start2impact, un corso fatto in aula con professionisti del settore, perché credo molto nella preparazione ma credo molto anche nei rapporti umani e nelle relazioni e conoscenze che possono arricchirti sia umanamente e sia professionalmente.

A tal scopo, quando ho ascoltato le parole di Federico Sbandi, ho capito che la DCA rappresentasse ciò che stavo cercando, ovvero una Community dalla quale imparare sia l’aspetto professionale e sia l’aspetto umano.

Le discipline che mi interessano di più, ma più che altro conosco di più, sono quelle del Digital Strategy e dell’Advertising, ma voglio, senza dubbio, conoscere tutte le sfumature di questo corso e di questo mondo.

La vita senza nuovi stimoli e nuove sfide non fa per me, infatti non vedo l’ora di cominciare!”.