Filippo Corsi, Studente del Corso di Marketing Digitale a Roma
Abbiamo incontrato Filippo l’ultimo weekend a Roma. Ragazzo positivo e propositivo, ha dimostrato grande voglia di mettersi in gioco da prima che arrivasse il caffè – dunque l’energia non può essere direttamente imputabile alla caffeina.
Persona splendida, combattente della prima ora da Roma a Bolzano, Filippo arriva tra le nostre braccia anche grazie a un amico comune, il poliedrico David Colangeli, che da noi insegna da sempre – e per sempre insegnerà.
Ci vediamo in aula, caro Filippo, e intanto ecco a voi la sua intervista. D’ispirazione.
Bolzano, possiamo dirlo, non è New York. Eppure rappresenta una terra lontana, geograficamente italiana ma culturalmente straniera, nella quale hai speso una porzione importante della tua vita e dalla quale hai estratto molto valore. Cosa sei andato a fare a Bolzano e perché tale esperienza ha allenato la tua capacità di uscire dalla zona di comfort?
“Uscendo dal Liceo Scientifico a Roma decido di andare a studiare a Bolzano scienze della comunicazione e media principalmente per 3 motivi:
– sistema universitario in linea con il nord Europa e di conseguenza fortemente internazionale come imprinting;
– università trilingue in cui gli insegnamenti sono ripartiti in inglese tedesco e italiano;
– la possibilità di vivere da studente fuori sede.
Il dover vivere per conto tuo e al tempo stesso studiare a livello universitario per dei corsi, in una lingua come il Tedesco (che non avevo mai studiato prima) sono sicuramente il giusto mix per uscire dalla zona di comfort e al tempo stesso studiare ciò che più ti interessa.
Il valore che un’esperienza del genere ti porta a posteriori è enorme”.
Mondo artistico e digitale hanno una caratteristica in comune: l’importanza dei contatti. In entrambi gli universi professionali i contatti rappresentano connessioni professionali che, per i più bravi, si trasformano in opportunità di lavoro. Più persone si conoscono, meglio è – ce lo insegna anche il nostro amico comune, David Colangeli. Che valore dai al networking e che strategia pensi di voler adottare nel digitale per espandere la tua rete di contatti?
“Il networking è importantissimo. È sempre la solita storia della persona magari anche talentuosa che però sta chiusa nella sua cameretta senza mai esporsi e di conseguenza senza mai mostrare cosa è in grado di fare. Uscire, mettersi in gioco, partecipare ad incontri e conoscere nuovo persone (senza però cadere nell’esasperazione di queste cose) è una componente fondamentale delle possibilità che direttamente e indirettamente ci si potranno presentare nel futuro.
Basta rimanere genuini.
Proprio grazie a questo tipo di approccio, mi si sono potute presentare le prime possibilità nel mondo del videoclip, una su tutte la partecipazione come video-assist al videoclip ‘Missili’ di Giorgio Poi e Frah Quintale per la regia di Danilo Bubani e Daniel Bedusa e della talentuosa Silvia Clo di Gregorio alla direzione della fotografia che ha da poco toccato le 2 milioni di views.
Senza contare che il networking va a braccetto con la reputation e di conseguenza il personal branding che attui su te stesso nel mondo del mercato del lavoro.
Detto questo non penso ci siano strategie univoche per fare networking. Personalmente credo fortemente nel concetto del ‘Just Produce’, ovvero qualsiasi cosa accada FAI COSE. Quella è la prima scintilla che può azionarie la macchina del networking. Se sei una persona attiva, che fa cose e al tempo stesso si mette in gioco, hai già fatto il primo passo per un networking sano ed efficace”.
Andare contro tendenza significa muovere in una direzione mentre tutto il mondo muove in quella opposta. È il tuo caso, che in un mercato così dinamico come quello della fotografia digitale fai un passo dietro e riabbracci il piacere nostalgico della pellicola, ovvero della fotografia analogica. Da chi hai preso ispirazione e come mai apprezzi questo tipo di fotografia?
“Alla fotografia analogica ci sono arrivato passando prima dalla fotografia digitale come quasi tutti quelli nati negli anni 90’. Ci tengo a dire subito che non ci sta un ‘meglio’ e ‘peggio’ tra digitale ed analogico, almeno nel caso della fotografia. Sono semplicemente due cose diverse con processi diversi che vengono utilizzate spesso per scopi diversi, ma entrambe validissime tant’è che le macchine fotografiche in grado di produrre la più alta risoluzione sono ancora analogiche, e nelle grandi produzioni di Hollywood la pellicola è ancora usatissima ai più alti livelli.
Fatta questa premessa, sono arrivato alla fotografia analogica prendendo ispirazione dai più grandi fotografi presenti e passati che continuano a lavorare in questa maniera ma soprattutto dall’enorme rinascita presente sia in America che in Europa anche tra i fotografi più amatoriali.
Roba da nerd? Si e no ahahah.
Nel senso che ho aiutato con mio grande piacere amici e parenti a rimettere in moto le loro vecchie macchine ‘a rullino’ sorpresi del fatto che quelle macchine potessero fare ancora foto bellissime e che la Kodak stesse tornando a sfornare nuove pellicole dalle diverse rese proprio in questi ultimi anni.
Esattamente quello che vediamo molto in voga oggi su Instagram con i filtri ‘Retro’ che tentano di rievocare la pellicola”.
Ah proposito di Instagram. Una rapida scrollata al tuo profilo personale fa balzare subito all’attenzione la presenza di una particolare componente sportiva. Perché compaiono immagini di partite di basket?
“La passione del basket nasce da lontano, avendo giocato anche a buon livello da quando avevo 6 anni. Ora tramite le conoscenze costruite nel mondo del basket in tutti questi anni, ho la fortuna di poter seguire le partite della Serie A come fotografo, ed in particolare di poter seguire la Virtus Roma da vicino. Questo lavorando a fianco del loro staff digital che segue la loro comunicazione, dai quali rubo ogni giorno qualcosa.
A proposito di basket in questi mesi sto realizzando un progetto fotografico per raccontare la storia del Basket Romano che andrà in mostra a settembre e che sarà un progetto trampolino di lancio per qualcosa di più grande che spero di realizzare in tutta Italia per la federazione”.
Abbiamo parlato del passato e del presente, ora volgiamo lo sguardo al futuro. Dove ti vedi tra qui a 2 anni e perché ‘laboratorio’ potrebbe rappresenta una parola chiave importante in questa visione?
“Tra due anni mi vedo sicuramente in più realtà lavorative diverse allo stesso tempo, sia da dipendente che non. In primis da dipendente nel settore del marketing digitale.
Questo nella speranza dopo qualche tempo di poter aprire il mio ‘Lab’ fotografico, che possa cavalcare al meglio la rinascita della fotografia analogica, grazie all’esperienza del primo lavoro da digital marketing specialist che spesso è quello che più manca dietro attività del genere.
La storia del lab, business limitato? Non direi basta vedere i numerosissimi Fab Lab e le numerose scuole di fotografia che sempre più propongono corsi di fotografia analogica riscuotendo un enorme successo.
Uno su tutti il Carmencita Film Lab a Barcellona che ormai accetta ordini da tutta Europa. E poi come si suol dire Sky’s the limit!”.