Erika Sibio, come costruire una visione positiva del domani

Continua il viaggio nel mondo della Comunicazione. Valutiamo pregi e difetti di un’Università che deve aggiornarsi per restare rilevante nella società

Erika Sibio è una studentessa di Comunicazione a cui la vita sta aprendo alcune porte, ma mai ancora un vero portone. Erika sta cercando la sua strada, col sorriso stampato in viso, e ha bene in testa quali sono le caratteristiche di un vincitore.

Un vincitore non si lamenta, lavora duro. Un vincitore non dà la colpa al sistema, vede nel merito la giusta via. Erika ha fatto tanti lavori, ha perseguito la sua passione attoriale e ancora oggi racconta la sua esperienza universitaria suscitando l’empatia di amici e conoscenti.

Erika è una figlia di Roma, buona e testarda. Non esitiamo un attimo a credere che la vita le sorriderà tanto quanto lei sorride alla vita. Come dice lei, alla fine ognuno avrà ciò che merita.

Il mondo del lavoro avanza, la formazione accademica tradizionale sembra non stare al passo. Rispetto alle Facoltà di Comunicazione & Marketing in Italia, quali aspetti ti senti di condannare e quali di difendere?

“Rispetto alle Facoltà di Comunicazione & Marketing attualmente presenti sul territorio Italiano, mi sento di difendere l’esistenza e il proliferare di corsi teorici al loro interno, di corsi contenutisticamente ampi e variegati, non strettamente collegati alla comunicazione e al marketing stesso, in quanto ritengo che un buon bagaglio di cultura generale sia indispensabile per comprendere, o perlomeno cercare di comprendere, le dinamiche del mondo che ci circonda; è a mio avviso indispensabile che l’Università, qualunque essa sia, sappia fornire ai suoi studenti gli strumenti necessari per sapersi costruire un’idea, per sviluppare un’ideologia critica e soprattutto per essere in grado di difendere le proprie argomentazioni. L’istruzione, la Laurea nello specifico, è qualcosa di molto più ampio di un bellissimo ‘pezzo di carta’ da appendere al muro, sembrerà banale, ma la vivo come una libertà raggiunta, una porta aperta, una possibilità, una straordinaria soddisfazione.

Se questo è ciò che apprezzo, non posso però trascurare ciò che condannerei, nello specifico la non corrispondenza tra ferratissima preparazione teorica e scarsissima preparazione pratica; condannerei le poche possibilità (oltre allo stage) di mettere alla prova ciò che ci è stato insegnato e di saper reagire all’imprevisto; condannerei l’assenza di corsi specifici per l’insegnamento dell’informatica e dei vari programmi e pacchetti a noi utili (non sono totalmente assenti, ma rari); condannerei l’esiguo insegnamento della lingua inglese (un’idoneità alla triennale, e un esame nei restanti due anni), considerandolo io uno dei punti cardine dell’attuale offerta lavorativa. Si stanno moltiplicando le potenziali figure professionali e si stanno triplicando le competenze ad esse richieste, ma sembra che l’Università non riesca a stare totalmente al passo”.

Ipotizziamo che la Digital Combat Academy abbia la giusta visione del mondo, e che un breve percorso di formazione privata possa completare – senza mai sostituire – il percorso universitario. Spiegaci cosa ti piacerebbe ottenere da un ideale corso di formazione.

“Da un corso di formazione, come esprime il vocabolo, mi aspetterei di ricevere appunto una formazione reale, sul campo più che solo sui testi; mi aspetterei di fare esperienza diretta; mi aspetterei di incappare quelle tantissime eccezioni che non trovano spazio nelle pagine dei libri, mi aspetterei di essere seguita da una persona competente direttamente inserita in un’azienda e che questa persona sappia aiutarmi ad ottimizzare le competenze acquisite, organizzative e gestionali, per esempio; mi aspetterei di saper lavorare in un team; mi aspetterei, o meglio mi auspicherei, di  riuscire ad avere possibilità reali di inserimento nel mondo del lavoro”.

La parola stage nell’immaginario collettivo ha due accezioni. Una positiva, quando implica il primo passo verso l’accesso a un lavoro stabile. Una negativa, quando implica la trappola usata da aziende e scuole private per promuovere un’esperienza al limite dello sfruttamento. Di questi tempi postmoderni, pensi esista il modo di acquisire competenze senza bisogno di passare per uno stage?

“In questi tempi postmoderni credo che esistano innumerevoli modi per acquisire competenze senza bisogno di uno stage, ma che allo stesso tempo uno stage, se ben fatto e che non sia né sfruttamento, né perdita di tempo, né dondolio su una sedia, né spazzare via foreste intere a suon di fotocopie, né caffè a non finire, né passeggiate nei corridoi, né ‘vieni quando vuoi e vedi quello che facciamo’ né ‘lavora da casa se vuoi’, possa essere una grossa opportunità per fare esperienza e per comprendere meglio in che direzione sta andando il nostro percorso, per renderci, cioè, conto che magari quello per cui stiamo studiando non è ciò che ci aggrada o magari, viceversa, scoprire con gioia che quello che sarebbe dovuto essere un blando passatempo per ottenere crediti formativi è ciò che più ci rende soddisfatti”.

Domanda finale, la più delicata. Ti reputi positiva verso il tuo futuro? 

“Sì, senza alcun dubbio si. Credo che il nostro paese, attualmente, non offra i più positivi dei scenari, ma al tempo stesso credo, un po’ per carattere e po’ per ideologia, che chi merita, chi si impegna, chi ‘dà il sangue’ per ciò che vuole, chi vale, chi non si arrende, chi sa dove vuole arrivare alla fine ci arriva, magari non dalla porta principale, o forse non con la strada più breve, ma ci arriva. Impegno, pazienza e dedizione prima di tutto. Mi piace pensare che ognuno avrà ciò che merita. Sono certa che considerandosi sconfitti a priori e in partenza sicuramente non si arriverà mai da nessuna parte. Sto costruendo la mia strada, le mie alternative, ho in mente l’obiettivo e non ho intenzione di sprecare il mio tempo con inutili lamentele, mi auguro un bel traguardo è innegabile, ma se così non dovesse essere sarà stata comunque una meravigliosa ‘camminata’ che spero non esiterà a condurmi a mete a me, forse, più congeniali. Sono una ragazza oltremodo determinata e anche molto fortunata, ho una famiglia che mi appoggia, che mi sostiene e questo credo contribuisca più di tutto alla mia serenità e alla mia visione positiva del domani”.