Edoardo D’Elia, dalla filosofia all’innovazione ecco un maestro di Public Speaking

Abbiamo conosciuto Edoardo D’Elia in occasione dell’evento Heroes di Maratea. Lo speech era breve, il tempo a disposizione poco, ma si dà il caso che tra persone in gamba bastino pochi minuti per conoscersi, e capirsi. Succede dunque che sia in fase di apertura che subito dopo lo speech restiamo colpiti dalla fine intelligenza del presentatore, Edoardo D’Elia. E visto che questi eventi nascono soprattutto per fare network strappiamo ad Edoardo un biglietto da visita.

Scopriamo che Edoardo D’Elia, naturalmente predisposto verso l’ars oratoria, è Adjunct Professor di Public Speaking all’Università di Bologna. Dunque, come dice lo stesso Edoardo, stiamo parlando di una figura che riesce con intelligenza ed equilibrio a combinare vita da Docente e vita da professionista – che è poi quello che distingue gli accademici puri dai lavoratori moderni.

Nei nostri disegni imperiali di conquista del mondo c’è lo sbarco a Milano per aprire la seconda sede della nostra scuola. Vediamo molto realistico il fatto che una personalità come Edoardo, brillante e versatile, possa ricoprire un ruolo da Docente anche in casa nostra. Per ora, ci limitiamo a dargli un megafono digitale e a raccontare la sua storia. Perché non ci stancheremo mai di accerchiarci di persone in gamba, e condividerle con la nostra community.

Per voi, Edoardo D’Elia.

Il mondo del lavoro avanza e la formazione accademica tradizionale, spesso, sembra non stare al passo. Rispetto alla Facoltà di Filosofia tu puoi darci una fotografia più limpida dei pro e dei contro assaporati lungo il percorso di studi. Che giudizio complessivo daresti della tua esperienza presso l’Università di Bologna?

“Io mi sono laureato in Filosofia morale nel 2013, in piena crisi economica. Non credo ci fosse miglior modo per complicarsi la vita. Ma c’è una cosa che dicevo sempre, per difendermi, appena laureato: la differenza tra un laureato in economia e uno in filosofia è che il primo era convinto di trovare lavoro ed è rimasto sorpreso e smarrito, mentre io sapevo dall’inizio che il lavoro me lo sarei dovuto inventare, quindi sono arrivato molto più preparato.

Studiare filosofia è la prima e più difficile forma di autoimprenditorialità, sta a te far fruttare la conoscenza che acquisisci. Nessun filosofo ti spiega come funziona il mondo. (O meglio, non fanno altro che spiegarti come funziona il mondo… ma in un modo molto diverso da quello che ti serve per sopravvivere). Ma quella stessa conoscenza, all’apparenza evanescente e inutile, è la più efficace forma di allenamento del pensiero.

Sostanzialmente, passi le giornate a interpretare linguaggi sempre diversi, che racchiudono forme sofisticate e complesse di conoscenza. Quindi sviluppi un vantaggio competitivo enorme, se ben sfruttato: la versatilità e l’adattabilità del pensiero”.

Le tappe del tuo percorso professionale hanno mantenuto solide radici all’interno dell’Università di Bologna. Partiamo allora dalla tua attività extra accademica all’interno dell’ateneo. Di cosa si occupano nel dettaglio ‘Facciamocela Raccontare’ e ‘Deckard’ e cosa ti spinge a investire energie in questi progetti a sfondo culturale?

“Deckard è un laboratorio di scrittura crossmediale nato proprio per integrare quelle conoscenze altissime ma poco pratiche di cui sopra. Dal 2012 sperimentiamo format crossmediali di divulgazione scientifica e, soprattutto, diamo agli studenti la possibilità di fare esercizio di scrittura e di comunicazione della scienza.

Facciamocela Raccontare è stata la diretta conseguenza di Deckard. Abbiamo cominciato a organizzare eventi, a produrre un talk-show, un documentario e cortometraggi per il cinema — semplicemente ci serviva un ente giuridico che gestisse tutto. Ma il principio di riferimento è sempre rimasto lo stesso: per quanto sia lodevole il tuo intento, se dieci persone non lo capiscono, il problema non è mai delle dieci persone, è sempre il tuo.

Vedi, nel punto più alto della filosofia, dove il bello, il buono e il giusto si intrecciano in un’eterna ghirlanda brillante, risiede anche la sua peggior deriva: l’autoreferenzialità. (Un po’ in come questa frase che ho appena scritto). Dalla paura dell’autoreferenzialità è nata la mia passione per ogni forma di comunicazione efficace. Mi sono sempre divertito poco a parlare con persone che sono già d’accordo con me”.

Da Teaching Tutor ad Adjunct Professor of Public Speaking, il tuo ruolo nell’Università di Bologna si è evoluto negli ultimi anni e, certamente, è destinato ad evolvere ancora in futuro. Che ruolo dai alla Docenza nella tua vita e quali sono i tuoi punti di forza come formatore?

“Ho l’enorme fortuna di riuscire a tenere insieme l’impegno accademico e il lavoro professionale, e questa combinazione crea un circolo virtuoso preziosissimo. Non so se esiste un modo migliore per rimanere in stretto contatto con lo spirito del tempo e per misurarsi quotidianamente col resto del mondo”.

Heroes di Maratea non è solo la manifestazione sull’innovazione che ti ha visto protagonista come presentatore, è soprattutto l’evento in cui siamo entrati in contatto con la tua professionalità. Come sei arrivato a questa opportunità e quali vibrazioni positive ti sei riportato a casa da questo tour de force in Basilicata?

“Sono arrivato a Maratea nello stesso modo in cui sono arrivato a te. Ho conosciuto Michele Franzese (il founder di Heroes) sul palco dello StartUp Day dell’Università di Bologna. Moderavo un panel in cui lui parlava di equity crowdfunding. Non lo conoscevo ma ci siamo divertiti molto e la presentazione è finita con una citazione di un grande filosofo del novecento: José Mourinho.

Appena scesi dal palco, Michele mi ha invitato a presentare Heroes. Il resto sono trenta ore di diretta Facebook che potete rivedere sulla pagina di Heroes.

Mourinho, prima della finale di Champions tra Inter e Barcellona, disse: ‘la differenza tra noi e loro è che per loro la Champions è un’ossessione, per noi è un sogno’. Credo che stia tutta qui la chiave per chiunque voglia fare qualcosa di difficile, che sia studiare filosofia durante la crisi, creare una startup innovativa da zero, o organizzare un grande evento internazionale sull’innovazione in una delle città più belle e irraggiungibili d’Italia. Fare, con determinazione e costanza, solo quello che ti fa stare bene. Qualunque cosa succederà, starai comunque vivendo un sogno”.

Se ti chiedessi di immaginare Edoardo D’Elia nel 2022, tu cosa vedresti di nuovo, o diverso, rispetto ad oggi?

“È da una vita che mi sento chiedere ‘ma tu cosa fai precisamente? cosa vuoi fare da grande?’. Pare che i miei desideri siano indecifrabili.

Il punto in realtà è molto semplice, avere obiettivi a lungo termine implica la convinzione di poter controllare il corso delle cose, e questo mi sembra un’illusione, o un’ossessione. È vero, nessun filosofo ti insegna come funziona il mondo in cui vivi (anche perché spesso sono morti da tempo), ma quasi tutti ti suggeriscono di non occuparti di cose che non puoi controllare.

Ma la tua domanda era molto più semplice e diretta, lo so. Ti rispondo qui: nel 2022 mi vedo alla sesta edizione di Heroes, appeso a un drone che ci porta dall’albergo al mare, a urlare ‘E PENSARE CHE QUI UNA VOLTA ERA TUTTA CAMPAGNAAAA!'”.