Comunicare un prodotto che si vende da solo: il padel

– Dalla rubrica di Luca Prioreschi e Federico Impavidi, “Tell Before Sell” —

La domanda e l’offerta

Non tutti quelli che lavorano nel marketing sono laureati in economia, anzi sempre di più ci siamo resi conto di quanto le discipline umanistiche abbiano da dare al brand management, al social media management, al digital in generale. I principi basilari, però, non devono mancare, tra questi quella vecchia e sempre nuova regola della domanda e dell’offerta. In fondo, nella sua più essenziale e cruda natura, il marketing altro non vuole che aumentare la domanda di un determinato bene o servizio. Più valore, più domanda, più vendite. Ma cosa succede quando il prodotto di cui ci stiamo occupando va a ruba e la domanda è già alle stelle, tanto che l’offerta non riesce a soddisfarla? È una situazione ideale per un’azienda, certo, ma nasconde anch’essa insidie. Si tratta di un delicato equilibrio in cui il marketing deve mostrare tutta la sua efficacia operativa, pensate ai Nutella Biscuits, alla Play Station 5 o, nel nostro caso, al padel.

Il padel in Italia sta vivendo un momento incredibile, la parola crescita non può bastare a descriverlo, nel 2020 ci sono state più di 1,6 milioni di prenotazioni di campi, sette volte di più rispetto al 2018 quando furono 241.000 circa, mentre siamo già ad un 1.000.000 di prenotazioni nel solo primo trimestre 2021! (Corriere dello Sport)

Lifetime value e retention rate

Non può essere questo lo spazio per spiegarne i fattori di successo, che possiamo brevemente riassumere nell’intuitività dei gesti atletici unita al divertimento garantito dalla veloce giocabilità, a differenza ad esempio del tennis, non da ultima la facilità di radunare 4 persone e non 10 come nel calcetto. Recentemente ci stiamo occupando proprio di un circolo di Padel, con tre campi sempre pieni in cui, se si vuol essere sicuri di giocare, bisogna prenotare almeno con una settimana di anticipo, due se si vuole giocare nel weekend. Come si comporta questo afflusso? Advocacy, ovviamente.

La natura del gioco impone che, ai fini di una partita divertente, i 4 giocatori si trovino sullo stesso livello, dunque i neo giocatori sono sempre alla spietata caccia di amici e parenti da introdurre al gioco; più migliorano e più possono sfidare giocatori migliori. Si creano delle cerchie di giocatori sul criterio della fascia, le persone sanno chi si trova più o meno sul loro livello. Ad esempio nel calcetto questo non avviene, la caccia è sempre al giocatore più forte da reclutare. Trovandoci nelle prime settimane, è difficile determinare un lifetime value e un retention rate preciso, ma di sicuro i giocatori che iniziano con un istruttore in un certo circolo, tendono a non spostarsi a giocare in un altro circolo, o lo fanno solo dopo aver verificato che in quello non ci sono campi disponibili.

Va aggiunto che ci troviamo in una fascia di valore alta, osservando le prenotazioni si nota che gran parte dei giocatori organizzano partite tra le 2 e le 4 volte a settimana: a 10€ a persona, il conto è presto fatto. Una spesa mensile notevole rispetto ad altri sport, alla quale bisogna aggiungere vestiario e racchetta. 

La nostra sfida

In un contesto come questo, quale sfida porsi come comunicatori? Il nostro compito è quello di far fiorire e prosperare il brand e ovviamente in un settore che cresce a questi ritmi è tutto più semplice, ma bisogna seminare oggi per raccogliere domani. I campi sorgono come funghi e non sappiamo in quanto tempo il mercato raggiungerà l’equilibrio tra domanda e offerta. Certo è che quando accadrà, il rischio sarà il solito: guerra dei prezzi.

“Abbassare il prezzo è la strategia di chi non ha idee” e solo i veri brand possono permettersi di evitare questa incombenza, il sovrapprezzo che paghiamo ai brand è in cambio del messaggio, del valore significativo che veicolano. Ne deriva che in questo momento, in cui tutti si preoccupano di costruire campi perché rassicurati dalla grande domanda di campi, la mossa migliore è investire in branding, fidelizzare, garantire lifetime value. Fare del circolo un brand, costruire un messaggio differenziato, un posizionamento, tutte cose che sanno tutti, ma a cui pochi stanno prestando attenzione nel mondo padel. È una bomba a orologeria pronta ad esplodere e l’abbiamo già visto in mille altri mercati, non possiamo pretendere che il padel continui a crescere a questi ritmi.

Quando esploderà, cioè quando i campi saranno troppi in relazione ai giocatori, sopravvivranno solo i brand, come sempre accade.

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