Antonio Cossari, Studente della Digital Combat Academy a Milano

Uno dei motivetti dominanti nel moderno mercato del lavoro è il tema della libertà professionale. Mai come oggi è apprezzata la figura del freelance, in un ecosistema lavorativo in cui, per inverso, l’immagine del dipendente sembra far parte di un’epoca ormai passata.

Eppure non è tutto oro quel che luccica, e il protagonista di questa storia rappresenta un fedele testimone di questo fenomeno. Essere freelance significa essere liberi e senza padrone, sì, ma significa anche doversi procacciare il lavoro in autonomia.

Più tutte le implicazioni familiari, legate al dover convincere i propri genitori della bonarietà di una scelta professionale che, dal loro punto di vista, può avere degli aspetti poco comprensibili in relazione a un mondo digitale di cui comprendono poco e niente.

Eppure Antonio ha tenuto botta, ha preso il meglio dal suo percorso universitario, ha portato i genitori dalla sua parte, ha affinato le sue doti di networking, ha conquistato i primi clienti e, soprattuttom ha sfruttato al massimo il suo tempo libero.

Da start2impact alla Digital Combat Academy il passo è stato breve. La piattaforma di Gherardo Liguori e Virginia Tosti gli ha concesso di avere un assaggio del nostro modo di essere. Advertising, contenuti organici e e approfondimenti di Antonio hanno fatto il resto.

Fieri di avere in squadra un fine pensatore come Antonio, lo accoglieremo a braccia aperte il 28 settembre per l’inizio della nostra avventura fomativa a Milano.

Tanti aspetti positivi, e qualche rimpianto. Così ci hai descritto la tua esperienza presso la Nuova Accademia di Belle Arti a Milano che si è conclusa con un solido 110 e lode. Un’esperienza che non ha mancato di assicurarti momenti pratici e networking, ma che comunque non ha centrato totalmente l’obiettivo. Dacci allora una panoramica, severa ma giusta, del percorso nel suo complesso. Tra pro e contro cosa ti sei riportato a casa?

“Mamma, papà, ho deciso. Voglio fare il regista!

E fu così che i miei genitori, i miei amici ed i miei prof rimasero profondamente delusi da quel ragazzo che, dopo i brillanti risultati delle scuole superiori in materia, avrebbe dovuto iscriversi ad ingegneria informatica. La mia avventura a Milano inizia così.

Ma cos’è che m’ha fatto cambiare idea all’ultimo minuto?

La prima giustificazione usata contro gli scettici fu che ero stanco di parlare con i computer, e che mi sarebbe piaciuto diventare tanto bravo anche con le persone. Funzionò, almeno per i primi tempi.

Mi accorgerò solamente dopo che comunque passerò metà del mio tempo davanti al pc a modificare foto, progettare grafiche e montare video. Non si può dire però che il percorso che ho scelto di seguire non mi abbia dato anche grandi soddisfazioni nella vita oltre lo schermo.

In effetti, se c’è qualcosa che non posso proprio negare della mia esperienza accademica è l’ambiente che, più o meno direttamente, è stata in grado di creare. Bello Linkedin, ma le strette di mano, le risate, i litigi e pianti riescono a creare legami più forti di qualsiasi ‘collegamento’ virtuale.

Questo è uno dei, pochi, motivi per i quali mi sento ancora di consigliare l’università, nonostante tutto. Gran parte delle opportunità lavorative extracurriculari che mi sono state proposte derivavano infatti da quelli che, prima amici, si son rivelati poi colleghi.

Questo, a mio parere, è uno degli aspetti più sottovalutati di un percorso universitario che, alla fine, se sai come prenderlo, può rivelarsi anche un ottimo investimento per il proprio futuro.

Ma, veniamo ai ‘ma’. Qualche riga sopra, non a caso, ho usato un ‘nonostante tutto’.

Il mio più grande rimpianto è che non credo di aver sfruttato al massimo i tre anni appena passati. Ma non perché non ho voluto, perché non ho potuto.

Perché, mentre studiavo, mentre frequentavo le mille lezioni dalla frequenza obbligatoria, ho dovuto dire di no a tante collaborazioni e progetti che mi avrebbero aperto nuove porte, che mi avrebbero fatto crescere, per davvero.

Il che è paradossale: stavo ‘perdevo tempo’ a studiare per ottenere un pezzo di carta che poi un giorno mi sarebbe servito ad ottenere gli stessi lavori che ora avevo dovuto rifiutare perché stavo studiando.

Ma attenti che qui il problema non è stato il perdere tempo a studiare, infatti messo fra virgolette, che oggi più che mai, senza solide competenze non vai da nessuna parte.

Il vero problema è stato perdere tempo a studiare per dare esami spesso fini a sé stessi, per un trenta e lode che li fuori non serve a nulla, cose dalla dubbia utilità reale, che non erano abbastanza o che comunque non avevano un vero riscontro pratico in un mondo lavorativo sempre più competitivo.

E poi, una volta tornati a casa, dover impiegare altro tempo ad approfondire per conto mio, perché volevo diventare qualcuno e non essere uno dei tanti. E anche oggi quell’aperitivo sui navigli salta.

Quello che rimpiango è che, alla fine, mi rendo conto di averne saltati tanti, di quegli aperitivi. Soprattutto ultimamente, per potermi laureare in tempo.

Non so, ho come quell’impressione che, forse, avrei preferito laurearmi con più tranquillità. Forse sfruttare questi ultimi tre anni della mia vita in maniera diversa. Migliore.

Mi rendo conto però che, se sono quello che sono, devo ringraziare così come sono andate le cose, sia quei professori che mi hanno lasciato tanto, sia tutti gli altri. Perché mi hanno regalato del tempo per capire cosa volessi veramente della mia vita”.

Il vantaggio di essere freelance è evidente: la libertà. Libertà nell’organizzare il lavoro, libertà nel reperire i clienti, libertà nell’erogare i servizi. In un’epoca in tanti, quasi tutti, sono sempre più allergici all’idea di avere un capo rappresenta sicuramente un’opzione allettante. Tu quando hai deciso di prendere questa strada e quali difficoltà hai dovuto superare per seguire l’ambita via del libero professionista?

“Io mi reputo un ragazzo fortunato.

Non rispetto alla media, se mai ce ne dovesse essere una, ma rispetto a buona parte dei miei amici. Quelli che, dopo aver finito le superiori, sarebbero voluti scappare come me da un posto che non gli avrebbe assicurato nessun solido futuro ma che, per problemi economici, non poterono farlo.

Non che la mia famiglia fosse ricca, affatto. Solo che ho avuto la fortuna di avere dei genitori che han sempre creduto in me, e che capirono che forse era il caso di farlo una volta ancora, d’investire sulla mia persona. Di fare il passo più lungo della gamba.

Dopo il primo anno d’assestamento, e dopo che mio padre s’ammalò d’un male purtroppo incurabile, capì che forse era giunto il momento di iniziare a ripagarli di tutti i loro sforzi.

Più che una vera scelta è stata quindi una sorta di necessità, quella di scegliere la strada del lavoratore freelance. Il lavoro da dipendente, in quel momento della mia vita, di certo mi avrebbe assicurato una maggiore sicurezza economica, al tempo stesso non mi avrebbe permesso di concentrare gli sforzi su quello che doveva essere il mio impegno primario: terminare gli studi il prima possibile per poi poter essere ‘libero’ di lavorare.

Perché si, in effetti il tempo per svolgere un lavoro part-time nemmeno lo avrei avuto, anche da freelance ho dovuto rifiutare, mio malincuore, tante collaborazioni che mi avrebbero tenuto impegnato per troppo tempo. Non posso quindi dire che con quei pochi lavori che decidevo di prendere in carico ci avrei potuto campare un mese intero, però almeno riuscivo a togliere un peso in più ai miei, quello dell’affitto.

Quindi, in realtà, la mia vera carriera da libero professionista inizia solo adesso e, almeno per ora, posso dire che ‘l’essere libero di lavorare liberamente’ è stato un grosso incentivo a terminare l’università il prima possibile. Chissà che un giorno non me ne penta e decida che la (relativa) sicurezza del dipendente non faccia più al caso mio.

Ma per ora sono felice di lavorare per me stesso, mi conosco e per come sono fatto non credo che ce la farei ad investire il 100% del mio tempo e delle mie competenze nel progetto di qualcun altro, a meno che non ci creda per davvero. Son sicuro che quando quel giorno arriverà potrei tranquillamente decidere di passare dall’altro lato della barricata.

In ogni caso, ora come ora, non posso dire che di qua sia tutto rose e fiori, anzi.

Molti dicono che sia fondamentale avere un giro di ‘contatti’, ed effettivamente non posso nascondere che sia così. Perché puoi essere bravo quanto vuoi ma se non ti conosce nessuno non lavorerai mai.

E questo l’ho provato mille volte sulla mia pelle quando vedevo che altri miei amici o conoscenti, che avevano scelto il mio stesso stile di vita, riuscivano a sporcarsi le mani molto più delle mie, ancora al sicuro, a sfogliare mille pagine di carta.

Odio le ingiustizie e, visto che in questo mondo nessuno ti regala niente, capii che era giunto il momento di buttarmi anche io, di trovarmi anche io il mio giro di contatti.

Come feci?

Visto che non conoscevo nessuno in politica, né ai piani alti, decisi di giocarmi l’ultima carta che avevo a disposizione: dimostrare le mie competenze.

Stranamente, funzionò”.

Uno dei punti di contatto tra te e la nostra scuola è la realtà gestita dai nostri amici Gherardo e Virginia. Parliamo di start2impact, piattaforma per la formazione online che si rivolge a un target di giovani talenti con l’obiettivo di dare loro le basi per entrare in contatto col mercato del lavoro. Come sei arrivato sulla loro piattaforma, e che valore complessivo ne hai tratto?

“Per ora, davvero poco. Purtroppo.

Non fraintendetemi, l’ecosistema che ha creato start2impact è semplicemente geniale. Sono io che ancora non ho avuto il tempo materiale per mettermi sotto.

So bene che quella del tempo, in molti casi, è solo un’illusione, una scusa che Gherardo e Virginia cercano in tutti i modi di contrastare ma, nel mio caso, posso provare il contrario.

E questo non può che essere un bene. Perché vuol dire che, per fortuna in un certo senso, le mie giornate sono già impegnate da altro. Diciamo fra lavori, ambizioni e progetti personali.

In effetti, credo di essermi avvicinato a start2impact non tanto per studiare un argomento da zero, quanto per aggiungere alle competenze pratiche che già possedevo qualcosa in più, qualcosa che mi avrebbe fatto risultare più ‘appetibile’ sul mondo del lavoro rispetto a tutti quelli che, come me, si erano appena laureati.

Cercavo vari approfondimenti, su vari argomenti. Ecco, grazie a loro son riuscito a trovare quello che mi serviva con la comodità di averlo tutto in un unico posto, senza dover smanettare ogni volta fra libri, ebook e podcast. E non è cosa da poco.

Come non lo è, e forse ancor di più, l’ideale che c’è dietro, il ‘Why’ direbbe qualcuno. Quello di fornirti ‘tutto ciò che non ti dà l’università’. Oltre a far trovare lavoro a chi, in un’università appunto, non ci ha ancora messo piede. E forse mai ce lo metterà.

Se non ricordo male infatti, credo di aver scoperto questa fantastica piattaforma proprio grazie ad uno di loro: si chiama Marcello Ascani e fa lo youtuber. Non che fossi iscritto al suo canale sinceramente, credo stessi semplicemente seguendo qualche tutorial online ed esser stato colpito dalla miniatura dell’intervista fatta nella loro sede di Roma. Mi hanno convinto in un istante.

Dopo aver consultato vari contenuti gratuiti sui loro social, decido così di iscrivermi al mese di prova. Divoro tutte le ‘serie tv’ in pochissimo tempo, senza però mai mettermi veramente in gioco nelle ‘sfide’ perché, qualche mese fa, di serie tv da guardare e analizzare avevo già le mie per gli esami che mi mancavano, e la mia sfida principale era quella di laurearmi in tempo.

Alla fine, ho vinto io.

Ed ora, se non fossi in camera a rispondere a questa intervista, diciamo che sarei sempre in camera, ma a rispondere ai test di start2impact.

Veloce, prima che qualcun altro mi chieda delle foto, un videoclip o un volantino”.

Hai studiato offline grazie alla NABA. Hai studiato online grazie a start2impact. Hai studiato offline e online grazie a percorsi da autodidatta – armato di libri, video e podcast. Eppure, un altro tassello sta per essere inserito nel tuo puzzle formativo, appunto quello della Digital Combat Academy. Cosa ti ha attirato della nostra comunicazione e offerta formativa, e soprattutto quali sono le discipline verticali da noi insegnate che stimolano di più il tuo appetito formativo?

“Ancora una volta, c’entra start2impact.

Prima ancora d’aver visionato qualsiasi contenuto della DCA infatti, quando ancora quest’ultima era forse solamente un’idea, avevo seguito sulla piattaforma di Gherardo e Virginia la ‘serie tv’ sul marketing digitale.

Questa volta il mentor sarebbe stato un ragazzo in camicia bianca che mi aveva subito colpito per la sicurezza con la quale riusciva ad esporre anche i concetti più complessi. Quei concetti erano suoi. Quel ragazzo sapeva ciò di cui stava parlando.

E fu così che, quando in un video accennò all’imminente apertura di un’accademia di marketing digitale io subito ne volli sapere di più.

Iniziata però l’ultima sessione estiva del mio percorso accademico fui costretto ad abbandonare un po’ tutto ciò che non parlasse di progetti da consegnare, esami da preparare, tesi da scrivere.

Qualche tempo dopo, facendomi un giro su FB fra una matta sessione di studio e l’altra, fui targettizzato da un annuncio particolare. Si parlava di una fantomatica ‘Digital Combat Academy’. Più sotto le foto dai vari docenti.

Fra queste riesco a distinguere la faccia di Federico, e almeno altre due appartenenti anche al team di Marketers. Quel ragazzo con la camicia bianca, alla fine, ce l’aveva fatta.

Non mi servivano altri incentivi, volevo che un posto in quell’aula a settembre fosse il mio. Proprio per questo evitai di mandare subito la mia candidatura, dovevo studiarmela per bene, e in quel periodo non avevo tempo per farlo.

Nel frattempo, mi gustavo un po’ di advertising su FB, apprezzando in particolare il tono di voce sobrio che non punta a spot emozionali per convincere i propri studenti ‘di pancia’, spingendoli piuttosto a ragionare razionalmente.

Anche perché, dopo aver creato un po’ di ‘authority’ con i nomi degli illustri docenti che riporteranno la loro diretta esperienza dei vari ambiti in cui lavorano, e un po’ di ‘social proof’ con le testimonianze di chi ha già frequentato, poco altro servirebbe.

Ma, ‘essendo del mestiere’, ho apprezzato per ultimo il piccolo sketch video che è stato proposto solo ultimamente. Sicuramente ben realizzato e satirico al punto giusto. Il giusto per farti riflettere.

Molti suggeriscono di specializzarsi in un qualcosa e diventare super competenti solamente in quell’ambito, l’esperienza accademica di questi tre anni mi ha portato però a pensarla quasi del tutto in maniera opposta.

Son del parere che, oggi più che mai, sia necessario ‘rubare’ un po’ ovunque e riuscire ad acquisire diverse skill, non solo quelle trasversali, comunque fondamentali, ma vere e proprie competenze pratiche e subito spendibili.

Per almeno due motivi: in primis per distinguersi dalla massa e risultare più competitivi, cosa che ho già sottolineato parecchie volte ma, anche e soprattutto, per riuscire ad avere una visione d’insieme su ogni fase di un progetto.

Ecco perché, dopo aver rubato un po’ di teoria qui e lì, non vedo l’ora di mettere le mani in pasta e seguire personalmente ogni passo di quella fantastica ricetta che son sicuro riuscirà a portare in tavola un piatto di gran lunga migliore delle mie più rosee aspettative”.