Simone Casciaro, “combattente granitico” con l’imprenditoria nel sangue

Intervistiamo il giovane talento a capo di QOOWEAR. L’esempio del padre, il percorso di successo da venditore, il presente da imprenditore

Simone Casciaro ha due grandi qualità: ti guarda e, soprattutto, ti ascolta. Sono doti che molti, schiacciati dall’irrequietezza del qui-ed-ora, stanno perdendo. Lui no.

Ti guarda negli occhi, perché non teme il confronto e, anzi, ama la sfida. Ti ascolta con attenzione, perché sa che un vero imprenditore bada ai dettagli e impara da qualunque interazione la vita gli presenti davanti.

La sua storia personale e professionale è una delle migliori da raccontare: piena di alti e bassi, momenti difficili e successi esemplari. È la storia di una persona, un talento, che ha fatto convergere due rette che spesso non si incontrano mai. Ambizione e umiltà.

A voi, la storia di un “imprenditore granitico”.

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Il tuo profilo LinkedIn parla chiaro. “Imprenditore di seconda generazione”. Chi ti ha trasmesso la passione per l’imprenditoria?

“Ho avuto la fortuna di nascere e crescere in un contesto imprenditoriale, dove entrambi i miei genitori gestivano attività in diversi mercati, dal Real Estate ai Servizi. Sin da bambino ho vissuto quindi il “dietro le quinte” dell’imprenditore.

Mio padre, ad esempio, ha operato per quasi 30 anni nel settore delle Costruzioni Edili e dei Restauri di Beni Monumentali sottoposti a vincolo paesaggistico: castelli, teatri, ministeri, chiese, e molto altro, in tutta Italia. Ha poi investito 10 anni del suo tempo nelle Energie Rinnovabili, progettando grandi impianti eolici e fotovoltaici per decine di MW di potenza, su commessa di soggetti pubblici e privati. Parliamo quindi di contesti molto strutturati ed altamente sfidanti, che mi hanno permesso di comprendere sin da subito che puoi ottenere successo solo col duro lavoro e compiendo sacrifici che non possono essere dati in outsourcing a nessuno”.

Devi aver preso molto da tuo padre.

“La forte passione verso ciò che faceva e verso la sua autodeterminazione era evidente e molto marcata. Non ha mai provato a convincermi a seguire le sue orme, eppure mi sono riconosciuto sempre di più in quello stile di vita: difficile e sempre sotto pressione, fatto di continue rinunce ed enormi sacrifici. Ma anche uno stile di vita in cui sai perché ti stai svegliando ogni mattina, in cui sei sempre padrone del tuo destino, in cui crei valore per chi ti circonda, in cui dai lavoro a tante famiglie, in cui combatti per non far mancare niente ai tuoi figli”.

Che personaggio è l’imprenditore italiano?

“L’imprenditore Italiano è un combattente granitico, che deve sopportarne di tutti i colori (specialmente in Italia), ma è anche un pirata che esplora nuove rotte e mette tutto se stesso in ogni nuova avventura. L’imprenditore ha una missione fatta di passione, motivazione e duro lavoro”.

Il tuo curriculum ha un retrogusto anglosassone. Ogni esperienza è corredata da un track record di tutto rispetto. Quali sono i risultati più soddisfacenti che hai conseguito per Fastweb ed Enel?

“Lì ho lavorato come venditore e sono stati mesi estremamente formativi. Ho scoperto il mondo della vendita affrontando prima il mondo immobiliare, in Tecnocasa, ed arrivando poi ad una società con mandato Enel e dopo ancora in Fastweb.

Nel primo caso ero all’interno di un team di 10 ragazzi e dopo due settimane dal mio arrivo, ero diventato il primo venditore per numero di contratti ed il secondo classificato fatturava meno della metà di me. In media chiudevo 75 contratti al mese, sia consumer che business. Dopo tre settimane mi avevano già affidato il primo ragazzo da formare nella vendita, ma un mese dopo ho lasciato perché non stavo imparando più nulla.

Sono quindi arrivato in uno store Fastweb, sempre come venditore, e dopo 20 giorni sono stato chiamato a sostituire lo Store Manager di un altro punto vendita, ormai sull’orlo del fallimento. In tre mesi ho raddoppiato il record di fatturato, e l’ho poi quadruplicato un mese dopo. Nei primi sei mesi dal mio arrivo, il fatturato medio dello store era già raddoppiato. Ho ricoperto quel ruolo per due anni, raggiungendo tanti risultati e tante soddisfazioni in una Azienda che per me era davvero innovatrice. Poi, ho lasciato il porto sicuro per salpare verso nuove avventure”.

In Italia sembra mancare questa cultura del lavoro orientato al risultato. 

“Senza dubbio noi siamo il “nuovo che avanza” e la nostra principale vittoria è stata quella di aver definitivamente rinunciato al posto fisso, svegliandoci dal torpore professionale delle vecchie generazioni e costringendo noi stessi a ragionare fuori dagli schemi, ad uscire da quella zona di comfort a cui alcuni pensavano di potersi lasciar andare per il resto della vita. Rispetto alle precedenti generazioni, viviamo in un mondo estremamente più interconnesso e più sfidante.

Ma allo stesso tempo la nostra generazione è quella che per la prima volta nella storia si affoga nella “gratificazione istantanea”, che si abbandona all’assenza di pazienza, all’incapacità di programmare qualcosa a medio/lungo termine e di avere fiducia in se stessi. Questo sta portando ad un boom depressivo senza precedenti e molti giovani non riescono a trovare il proprio posto in questa società, che è così profondamente cambiata negli ultimi 10 anni”.

Vedi una luce in fondo al tunnel grazie ai lavoratori della nostra generazione?

“Ci sarà quindi una luce in fondo al tunnel quando i giovani avranno capito che per raggiungere gli ambiziosi obiettivi che si sono dati, bisogna anche accettare il peso di grandi sacrifici, iniziando a vedere ogni giorno di sudore come un passo avanti verso la realizzazione di sé. Noi ci siamo costruiti un nuovo modello lavorativo, che non ha barriere fisiche, che è inclusivo e che è permeato dalla flessibilità. La vera sfida sarà fonderlo con una profonda accettazione di se stessi e della propria diversità, con un investimento nella propria formazione. Un investimento prima di tutto psicologico e che nel lungo periodo potrà portarci fuori dal tunnel”.

Parliamo di Qoowear. Di cosa si occupa e quali sono i suoi punti di forza?

“L’idea di QOOWEAR mi è venuta alla fine del gennaio 2016 e ne è scaturita una Vision molto chiara, intorno alla quale ho riunito un team di tecnici e grandi professionisti per passare all’azione. QOOWEAR ha l’obiettivo di commercializzare il primo indumento termico controllato da intelligenza artificiale, in grado di modificare autonomamente la propria temperatura in base alle condizioni dell’ambiente esterno.

Si tratta di un indumento elastico posto a contatto con la pelle e dotato di sensori, di componenti elettroniche e di alcune tecnologie riscaldanti. Il riscaldamento è inoltre applicato in punti anatomici strategici, individuati con l’aiuto di medici e cardiologi per sfruttare il sangue come vettore termico e per garantire benefici di circolazione sanguigna per l’utilizzatore. Sarà disponibile in diversi colori ed in diversi modelli e sul nostro sito è già possibile accedere alla lista di attesa, ottenendo in questo momento uno sconto del 50%”.

Il tuo profilo Facebook racconta la storia di una persona dinamica, che viaggia da una parte all’altra dell’Italia per entrare in contatto con idee e persone stimolanti. 

“Vuoi essere ricco o essere influente? Non potrai essere ricco senza essere influente. Perché per avere ricchezza non basta avere un grande conto bancario, bensì bisogna avere un livello di influenza tale da poter concludere affari alle condizioni più vantaggiose. Pensa alla negoziazione, sulla quale si sprecano i libri di coaching. La negoziazione si basa sull’assunto che la tua attività consista nel connetterti con altri soggetti influenti, per raggiungere un risultato di interesse. Il miliardario Richard Branson, dall’alto delle 400 aziende che ha fondato in mezzo secolo di attività, ha scritto: Per un imprenditore, l’abilità di forgiare connessioni è un grande asset. Quando stai conducendo un business in un settore in cui non hai un know-how specialistico, è spesso l’unico modo per avere un lavoro fatto nel modo giusto”.

Qual è il valore del network nell’imprenditoria moderna?

“È grazie alla tua capacità di connettere persone diverse intorno ad interessi comuni che potrai riunire il miglior team di specialisti, che potrai strappare le migliori condizioni contrattuali ai tuoi fornitori, che potrai ottenere l’esclusiva mondiale su un dato prodotto, e tanto altro. Il network non è altro che “influenza”. E se Alfio Bardolla, il primo coach finanziario italiano, può chiamare Trump sul cellulare o viene invitato ai business-meeting sull’isola privata di Branson o va a Stanford per capire come farci entrare i propri figli, il merito è solo della sua capacità di connettersi con altri leader. Un imprenditore che voglia quindi avere un impatto sul mondo, non può non mettere al centro della propria operatività la capacità di connettere persone e comunicare. In due parole: fare network”.

Ti chiedo di indossare per un attimo i panni del mentore. Quali sono i 3 consigli che daresti a chi pensa di avere l’idea del secolo e vuole fondare una startup?

“Quando ho iniziato a pensare ad una startup mi sono detto:

a) Mettiti un mese a testa bassa a studiare h24 tutto lo scibile collegato al settore in cui rientra la tua idea, scoprendo chi ha fatto qualcosa di simile, quando, come, perché, dove è arrivato, come, spendendo quanto, in quanto tempo, con quale team;
b) Se il nuovo aspetto assunto dalla tua idea ha ancora senso, vai a chiedere un feedback a tutti i “decision maker” che riesci ad incontrare e crea una Vision di lungo termine che possa essere spezzata in tanti piccoli obiettivi raggiungibili a partire da oggi stesso;

c) Scegli le figure strategiche per assicurare il velocissimo raggiungimento di questi piccoli obiettivi ed esci di casa a vendere la tua Vision finché non avrai trovato le persone giuste per eseguirla. Poi, giù pesante sull’acceleratore tutti insieme, senza mai guardarsi indietro”.

Orientamento ai risultati. Motivazione inarrestabile. Visione imprenditoriale. Che la storia di Simone sia di lezione – e di ispirazione – a tutti.