Daniele Rocca, Caporedattore del Sito Web Più Letto di Lazio
La Laurea in Comunicazione, anzi le Lauree. Il lavoro nel giornalismo, anzi i lavori. Ecco cosa significa spingere sull’acceleratore della carriera
Daniele Rocca scrive le brevi per il sito della Digital Combat Academy. Le scrive in ottica SEO, per dare a Google il segnale che il sito web della scuola tratta specifici temi del digitale. Ci interessa posizionarci per parole chiave di coda lunga con bassa concorrenza, anche a costo di utilizzare parole chiave di coda lunga. Ricevere poco traffico organico è meglio di non riceverne per nulla.
Nella vita, Daniele Rocca ha avuto un rapporto lineare con la scrittura. Dai Laboratori per il Giornalismo di Scienze della Comunicazione ai primi stage, passando per i progetti extra-accademici, Daniele ha tirato dritto per la propria strada scrivendo la sua carriera una pagina alla volta. Confidente e consapevole dei propri mezzi.
È una di quelle persone in cui l’etica del lavoro si percepisce dai dettagli. Lavora fondamentalmente dalla mattina alla sera, incastrando molteplici impegni per mantenersi attivo. Ama quello che fa, altrimenti non riuscirebbe a lavorare anche a tarda notte. Lo abbiamo preso in squadra perché ci tenevamo ad ingaggiare da subito un professionista della scrittura per il web con competenze di SEO.
Ve lo presentiamo, perché se lo merita.
Se la cronaca è un terreno frenetico, il giornalismo sportivo è un campo di battaglia senza esclusione di colpi. Quand’è che hai deciso di imboccare questo binario?
“Esattamente quando il treno mi stava venendo addosso. Mi spiego meglio. Ho sempre avuto una predilezione per il giornalismo sportivo, eppure quando ho iniziato il percorso mi occupavo di tutt’altro. La differenza in questo mondo è la fame. La fame di arrivare, di raggiungere il proprio obiettivo. Sia a breve che a lungo termine. L’importante è vedere una crescita costante, che con il passare del tempo si migliora la propria posizione. Mai appiattirsi, mai accontentarsi. Non è un lavoro per tutti: ecco perché quando gli altri gettano la spugna, bisogna continuare a spingere sull’acceleratore”.
La vulgata dice che per accedere a questo settore si debba passare per la scuola di giornalismo. Ma sappiamo quanto costano, e sappiamo anche che non necessariamente assicurano la terra promessa. Qual è stata la tua strategia durante il percorso di studi?
“Per diventare giornalista – e non stiamo parlando di iscrizione all’albo – il percorso di studi ha una rilevanza marginale. Questo non vuol dire che non sia stato inutile, anzi. Prendo ad esempio il mio caso. Avendo frequentato la facoltà di Scienze della Comunicazione per me è stato più facile creare un legame con il mondo del giornalismo. Basato principalmente sui contatti. Ed è proprio grazie a un incontro che qualcuno potrebbe ritenere fortuito che ho iniziato a farmi strada nella selva del giornalismo sportivo”.
Domanda secca: Lazio o Roma?
“In qualità di caporedattore de Lalaziosiamonoi.it non posso far altro che rispondere Lazio. La mia fortuna è stata quella di trasformare una passione giovanile in un vero e proprio mestiere. Devo dire che da quando ho iniziato a collaborare con il sito più letto di Lazio, la mia anima di tifoso ha lasciato progressivamente spazio a quella da professionista. Da responsabile del settore giovanile all’iscrizione all’albo dei giornalisti in qualità di caporedattore. Più di un milione di pagine viste al mese, niente male per un portale monotematico”.
Il giornalismo vive tempi evidentemente duri. Chi ne sta fuori, lo percepisce. Chi ne sta dentro, lo sa. Dacci la tua visione sul tema. Immaginiamo di essere nel 2020. Come pensi si renderà sostenibile un progetto editoriale dal punto di vista economico?
“Si tratta di un tema particolarmente sensibile per me. Solo dopo aver sperimentato in prima persona le vecchie redazioni, quelle dei quotidiani che ancora puntano sul cartaceo, ho capito che sarebbe stato come imboccare un tunnel senza via d’uscita. Il proverbiale colosso coi piedi d’argilla. Per questo quando mi hanno proposto di continuare a collaborare ho preferito dire ‘no, grazie’.
Mi si chiede della sostenibilità economica. Posso solo dire che i progetti editoriali di successo, in Italia e all’estero, si basano sull’unicità. Tutti possono dare una notizia, con i social network è diventato pressoché impossibile ‘arrivare prima’. Ecco perché i giornali (online) dovrebbero prediligere l’approfondimento, mai fine a sé stesso, cercando di dare un servizio. Funzione originaria del giornalista. Un punto di vista alternativo. Credibilità e competenza. Fino a qualche anno fa chi parlava di SEO veniva visto come un marziano, ora è alla stregua di un guru. Solo chi si mette in gioco può sperare di vincere, ma serve anche l’umiltà di imparare dai più bravi”.
Daniele Rocca è un lavoratore, ma è soprattutto un workaholic, come direbbero in America. Chi ti ha trasmesso questa dedizione all’obiettivo, dote non comune?
“È quasi un’equazione. A parità di bravura, se io sto più tempo davanti al pc produco di più. Perché dico a parità di bravura? Perché la quantità da sola non basta, anche la qualità è indispensabile. Attenzione però a non confondere il talento con la dedizione al lavoro. Puoi avere tutto il talento che vuoi, ma se non riesci a metterlo in pratica è addirittura deleterio. Mentre il workaholic, oltre a lavorare più degli altri, ha la possibilità di imparare più degli altri. Questa cosa è fondamentale: tutti sbagliano, l’importante è non commettere due volte lo stesso errore. Lo spirito di sacrificio non si allena, o ce l’hai o non ce l’hai. Lo squalo per sopravvivere va sempre dritto, se si ferma muore”.
Domanda di rito. Tre consigli per chi vuole abbracciare, oggi, la professione del giornalista sportivo.
“Cercherò di essere il più possibile schematico.
Punto primo, dedizione: ne ho parlato diffusamente, ma non mi stanco di ripeterlo. Lo spirito di sacrificio in questo lavoro fa la differenza. Soprattutto all’inizio, chiamatela pure selezione naturale.
Secondo, malizia, da non confondere con furbizia: qui nessuno vuole raggirare nessuno. Però bisogna essere chiari, non è un lavoro per timidi. Pochi scrupoli, i limiti vengono dettati dalla deontologia professionale e dalla propria morale. Diffidate di chi vi dice che i giornalisti non conoscono la parola etica.
Terzo, e a mio avviso il punto più importante, la fame: non esiste un punto di arrivo, esistono solo una serie di traguardi. Ogni volta bisogna alzare l’asticella. È la fame che vi fa crescere, quella che vi spinge a completarvi dal punto di vista professionale. Si dice sempre che nella vita non si smette mai di imparare. Ecco, nel giornalismo di più”.