Cristiano Alviti, CEO di Pickee e Freelance Management Consultant

La sua startup si pone l’obiettivo ambizioso di facilitare l’organizzazione di eventi e attività in gruppo 

Qui alla Digital Combat Academy la selezione degli Studenti avviene a distanza e abbiamo il piacere di incontrare la nuova classe dal vivo solo una volta che il Corso è avviato. Sta alla nostra sensibilità percepire il livello di motivazione degli Studenti, ben prima di avergli stretto la mano di persona, attraverso la loro Video Candidatura e il successivo scambio di email.

Ebbene, Cristiano Alviti è una di quelle persone di cui puoi fiutare la serietà a miliardi di anni luce di distanza. Puntuale, maturo, cordiale – è il prototipo di Studente ideale per qualunque scuola che abbia voglia di intessere relazioni di valore, oltre che formare persone in gamba.

Molti startupper terminano gli studi universitari e si lanciano prematuramente in avventure imprenditoriali senza avere nel proprio background professionale un solo istante di esperienza lavorativa. Cristiano non rientra in questa categoria. Ha lavorato in aziende reali, portando a casa esperienza e contatti, e su questa base ha costruito il suo progetto imprenditoriale insieme ad Alessandro Curci.

Nella speranza – anzi, nella certezza – di restare in relazione con Cristiano ben al di là del Corso in Aula che finisce a luglio, lasciamo a lui la parola. Di seguito la sua storia.

La Facoltà di Ingegneria è una di quelle che sta subendo il maggiore impatto di un mondo che cambia. Le banche perdono centralità, la blockchain riscrive il modo in cui la ricchezza può essere trasferita e il digitale ribalta le tradizionali regole del marketing. Che giudizio complessivo daresti della tua Facoltà?

“Vi ringrazio in primis per aprire con una domanda sulla mia amata e controversa Facoltà d’Ingegneria.

Amata perché credo che sia una tra le poche altre che abbia potuto sviluppare un livello accettabile di ricerca e sviluppo applicata al mercato, grazie a un modello di collaborazione tra dipartimenti e imprese che consente anche testimonianze e collaborazioni a favore degli studenti.

Controversa perché, nonostante questo stretto rapporto con il mondo dell’impresa, l’offerta formativa dei piani di studi undergraduate presenta scarsi livelli di esperienza imprenditoriale rispetto le sfide di mercato che i neolaureati affrontano il giorno dopo essere usciti dal percorso universitario.

L’intraprendenza imprenditoriale post universitaria, che ho potuto sondare personalmente tra miei coetanei, è ancora molto basata sulle soggettività più che sul modello d’insegnamento vissuto durante il percorso universitario. Anche per questo mi sento di esprimere la mia più grande gratitudine a quei docenti che, nonostante l’apparato universitario non agevole, si impegnano costantemente nel costituire un nodo di scambio tra studenti, imprese e ricerca sui trend di mercato.

Una riforma universitaria al passo con i tempi dovrebbe unire sistematicamente giovani talenti dinamici a quelle imprese che puntano su di loro per innovare costantemente il loro posizionamento di mercato, sarebbe sufficiente adottare e sviluppare le giuste metodologie di open innovation che uniscono l’apprendimento all’esperimento diretto”.

Studiare all’estero è sempre un’ottima occasione per allenare le proprie competenze linguistiche ma anche per sfidare se stessi. Lontani da casa, in un contesto straniero, senza troppi punti di riferimento e una vita tutta da inventare. Che tipo di sfida ha rappresentato per te studiare nel Regno Unito?

“Aver studiato nove mesi nel Regno Unito tramite il programma Erasmus ha rappresentato per me una piacevole sfida vinta, soprattutto perché mi ha insegnato a pensare al mondo del lavoro e dell’impresa con una prospettiva internazionale.

Il modello di studi era decisamente rivoluzionario per quegli anni, sviluppavo ricorrentemente business case con compagni di studi tedeschi, spagnoli, francesi e cinesi. A 22 anni mi sono trovato per la prima volta di fronte a una platea per i miei primi pitch in inglese, esperienza di grande cambiamento rispetto al tipico esame orale in Italia.

Aggiungo che l’humor e la cultura anglosassone, maturata grazie alle relazioni dirette con i docenti locali, hanno smontato quel minimo d’inibizione che mi caratterizzava all’epoca. Molto probabilmente anche per questo, oggi, con miei soci o collaboratori non riesco a discutere di cose molto serie senza una battuta o un sorriso, e credo che questa mia spontaneità funzioni in tutti quei casi in cui c’è da allentare la tensione”.

Lo sbarco nel mondo del lavoro è sempre il passo più delicato per un giovane intraprendente. C’è la voglia di fare bene mista alla scoperta dell’ignoto. Con particolare focus su Soft Strategy, che tipo di difficoltà hai affrontato lungo le tue primissime esperienze lavorative?

“Trascorsero circa tre mesi prima che Soft Strategy, piccola boutique della consulenza manageriale, mi affidò la gestione autonoma dei primi progetti. Dopo sei iniziai a gestire i primi collaboratori sotto mia responsabilità.
Ecco, la gestione di persone è uno degli aspetti lavorativi più complessi in assoluto per un manager, perché è fondamentale riuscire a guidare il team e a mantenerlo motivato per raggiungere diversi obiettivi.

Un’altra difficoltà che ho incontrato fin dai primi giorni è stata quella di relazionarmi contemporaneamente con il mio manager interno e con il cliente, perché in quelle situazioni devi essere in grado di soddisfare esigenze aziendali e di mercato. Questo mi ha consentito di sviluppare capacità di adattamento e di ragionamento in contesti complessi e incerti”.

La politica è come il calcio, specie in Paesi come l’Italia. L’argomentazione razionale viene spesso sovrastata dal tifo da stadio, il che rende spiacevole e spigoloso tanto parlare di politica quanto affrontare una carriera in questo mondo. Quando ti sei avvicinato al Movimento 5 Stelle che feedback hai ricevuto dalle persone intorno a te per la tua scelta?

“Nel 2011 il Movimento 5 Stelle era una piccola minoranza e io ero tra quelli che in gergo startupparo definirei ‘early adopters’, coloro che sperimentano modelli risolutivi che potrebbe funzionare. Molti parenti e amici all’epoca non capivano perché investissi del tempo in un sogno di rinnovamento della politica italiana, scoraggiati come lo ero stato anche io qualche anno addietro. Il feedback tipo che ricevevo era ‘ma che lo fai a fare, tanto in Italia non cambierà mai nulla’.

Oggi penso di aver acquisito un grande valore, quello di aver potuto armonizzare i contributi apportati da persone con diverse competenze professionali.

Come giovane imprenditore posso dire che ho praticato e maturato una visione olivettiana della politica, un mezzo che è strettamente integrato in quello che viviamo ogni giorno. Dalla cultura alla società, dalle attività produttive ai mercati finanziari possiamo comprendere come la politica possa favorire un equilibrio tra questi fattori, funzionale a un progresso del nostro paese basato su valori etici, meritocratici e utili a riprenderci il posto che meritiamo a livello internazionale”.

In questa scuola ci piace l’idea romantica di importare nella formazione valori degli sport da combattimento come disciplina, competitività e determinazione. Per questo parliamo di ‘attaccare il mercato del lavoro’, perché vediamo nel lavoro un processo attivo, in cui la persona agisce anziché aspettare passivamente una benedizione dall’alto. Dalla boxe al full contact passando per la kick boxing, durante la tua attività da combattente quali sono gli aspetti che hai apprezzato maggiormente di questi sport?

“Uno. Il rispetto per i maestri, persone che avranno sempre da insegnarci qualcosa.

Due. L’autodisciplina, con la quale puoi perseguire sempre nuovi obiettivi.

Tre. Il fair play, concetto che nelle relazioni di business che intrattengo oggi rielaborerei in ‘coopetition'”.

Concludiamo parlando del tuo progetto Pickee, ovvero l’app per semplificare l’organizzazione degli eventi di gruppo. Che ruolo ha avuto il Lean Startup Program di Peekaboo nella nascita di questa idea e che obiettivi di business avete da qui ai prossimi 5 anni?

“Io e il mio socio Alessandro Curci abbiamo partecipato alla prima edizione del Lean Startup Program di Peekaboo, un percorso di formazione che ci ha indirizzati verso il giusto modo di fare startup. Con loro siamo entrati in contatto con una community straordinaria, fatta di persone davvero in gamba, mosse dalla volontà di scrivere il futuro di un mercato che evolve a razzo.

Pickee, proprio grazie a Peekaboo è cresciuta rapidamente, ad oggi l’app è installata sui dispositivi dei nostri straordinari alpha tester e a giugno 2018 sarà lanciata in beta pubblica. Il prossimo obiettivo a breve termine è quello di promuovere il lancio della prima versione del prodotto e dimostrare a nuovi investitori che la nostra vision può generare utilizzatori, tutto sta nella strategia di apprendimento sui prossimi esperimenti di market targeting.

Gli insegnamenti della Digital Combat Academy e la collaborazione con Federico Sbandi saranno per noi fondamentali per individuare i nostri primi early adopters e spingere l’app nella direzione giusta. Nel mentre stiamo lavorando sodo per la raccolta del nostro primo seed round ‘importante’, attivando canali con investitori e fondi.

Da startupper mi è difficile fare proiezioni a 5 anni, quello che posso dire è che in 2 anni abbiamo già fatto almeno due pivot per riuscire a mettere a punto un concept di prodotto che riscontrasse una validazione accettabile. Ci troveremo davanti a ulteriori cambiamenti strategici? Molto probabilmente si, ma saremmo folli a non affrontarli.

Siamo sicuri della vision di Pickee: facilitare l’organizzazione di gruppi di persone accomunate dagli stessi interessi e passioni, proprio come voi alla DCA!”.